Piccole manager crescono

All’inizio aspiravo a scrivere un articolo sul panorama dell’emancipazione femminile ai giorni nostri. L’ispirazione è arrivata in seguito a quello che possiamo definire una conversazione informale, una chiacchierata al telefono tra amiche. Stavamo parlando della sua promozione a regional manager e della percezione che gli altri iniziavano ad avere riguardo al suo ruolo. Argomento interessante, che aveva catturato la mia attenzione, da momento che di lì a poco, avrei partecipato ad un corso di project management e di auto imprenditorialità. Confrontandoci sull’argomento, è venuta fuori spontaneamente una domanda. Com’è possibile che la leadership femminile non venga vista ancora di buon occhio nel 2022? Tutte le donne hanno il diritto di aspirare a questi ruoli.

Lì per lì ho pensato che il nostro modo di pensare fosse influenzato dall’ambiente culturale di appartenenza e dalle correnti di pensiero femministe occidentali. Probabilmente, in altre parti del mondo, l’idea di emancipazione era completamente diversa. Considerazione parzialmente giusta, tanto da trarmi in inganno al momento della ricerca. Ero sicura che alla fine ne sarei uscita con una comparazione tra idee di emancipazione femminile divise per culture e invece… ho scoperto che le vere differenze si trovano nell’unicità.

 

Se il cambiamento sociale dovuto alle idee illuministe e rivoluzionarie del XVIII secolo furono il punto di partenza per la messa in discussione del ruolo sociale femminile, passando per le prime  correnti di pensiero femministe del secolo successivo, fino alle suffragette che riuscirono ad ottenere il suffragio femminile nella prima metà del Novecento, le contestazioni riguardo alle ineguaglianze riscontrate sul posto di lavoro e in famiglia iniziarono dal secondo dopoguerra.

Queste contestazioni appartengono a quella che viene definita seconda ondata femminista e che culminò con il Movimento di Liberazione della Donna negli anni Sessanta.

Negli anni Novanta e Duemila, con la diffusione dell’accesso ad internet e ai social media, il femminismo inizia a raggiungere e collegare più donne in tutto il globo, che attraverso blog e post si confrontano e dibattono sui temi che le riguardano.

C’è chi inneggia a “farsi avanti” e chi pensa sia necessario risultare “guastafeste”, chi parla di violenza e chi di prostituzione.

 

Il lavoro è uno dei punti cardine su cui verte l’emancipazione delle donne. Attraverso il lavoro retribuito si raggiunge l’indipendenza economica, fondamentale per poter godere appieno di tutti gli altri diritti., permettendo così di poter prendere decisioni autonome sulla propria vita e sul proprio futuro. Tuttavia, sul luogo di lavoro perseverano ineguaglianze di genere.

Le mansioni continuano ad essere distinte tra “maschili” e “femminili”. Il pensiero secondo cui le donne hanno meno capacità rispetto agli uomini sta alla base di questa discriminazione,  giustificando così la loro ipotetica inadeguatezza al ruolo di leader e provocando un gap retributivo tra gli uomini e le donne che ricoprono lo stesso ruolo, che aumenta in base all’età e all’etnia del soggetto. Questo sistema penalizza le donne in maternità e non tiene conto del doppio lavoro che grava maggiormente sulle spalle delle lavoratrici, dovuto alle attività di cura della casa e dei figli. Ma se da una parte viene ostacolata la possibilità di far fare carriera alle donne, agli uomini viene in parte preclusa la possibilità di svolgere ruoli di cura, ad esempio attraverso la concessione di minor tempo durante il congedo di paternità rispetto al congedo di maternità (entrambi non concessi negli Stati Uniti), oppure la disincentivazione a ruoli lavorativi solitamente svolti dal donne (come nei settori di infermieristica e ostetricia).

Nonostante la difficoltà ad abbattere il cosiddetto “soffitto di cristallo”, c’è chi spinge le donne “a farsi avanti”. Sheryl Sandberg, direttrice di Facebook, pubblica nel 2013 Facciamoci avanti: le donne, il lavoro e la voglia di riuscire, incentivando le donne in carriera a muoversi in favore delle altre lavoratrici e proponendo strategie di sopravvivenza nell’attuale contesto lavorativo. Al contrario, la critica afferma che questa linea di pensiero non prende in considerazione la discriminazione intersezionale, come il razzismo, e non si sottrae al sistema patriarcale.

Sempre nel 2013 viene lanciato il blog Feminist Killjoys di Sara Ahmed, femminista e scrittrice, che disapprova le strategie di sopravvivenza, in quanto reprimono il giusto senso di rabbia provato dalle donne, e più in generale da tutte le categorie marginalizzate, costantemente oppresse, anche all’interno degli stessi movimenti. Consapevolezza e lotta al potere vengono così definiti l’unico modo per arrivare a veri e propri cambiamenti sociali, senza temere possibili ripercussioni personali. Inoltre l’approccio “guastafeste” propone anche una lotta contro il sessismo e il razzismo.

Fino ad ora abbiamo visto che l’indipendenza economica si può ottenere attraverso lavori dipendenti e indipendenti, ma esiste un’altra faccia della stessa medaglia molto spesso ignorata, ovvero il “lavoro sessuale”. Questo termine venne utilizzato per la prima volta da Carol Leigh negli anni Settanta, allo scopo di ridare dignità alla prostituzione. Anche in questo caso l’opinione femminista si divide in due, ovvero chi lotta contro lo “slut-shaming” e chi si dichiara contrario allo “stupro pagato”. Questa professione, che può essere praticata volontariamente e vista come opportunità economica, non garantisce però alle donne di accedere ad alcuni diritti, come quelli riguardo alla sicurezza.

 

A conclusione di questa breve e probabilmente incompleta panoramica sulle donne e il mondo del lavoro, possiamo riflettere sul fatto che cercare indipendenza significa, per qualsiasi donna, dar voce alle proprie esigenze e che la lotta a tali diritti non porta con se solo critiche verbali, ma la possibilità di subire violenze come mezzo di controllo.

Quest’ultima considerazione, però, meriterebbe un nuovo articolo.

 

Bibliografia:

–  DK Limited, Il libro del femminismo, 2019, Penguin Random House

–  Seager J., L’atlante delle donne, 2020, add editore

 

Rita Piazza

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