La banalità dell’ Hiraeth (ed alcune riflessioni sull’adolescenza)

É piuttosto strano ripensare criticamente, con sguardo un po’ più lucido alla propria
adolescenza.
Nel 2020 vi è stato il quarantesimo anniversario dalla morte di John Lennon, sento il bisogno di
ripercorrere mentalmente il mio passaggio da bambina a ragazzina per omaggiare i Beatles,
colonna sonora della mia pubertà.
Nell’estate dei miei 11 anni mi trovavo seduta nella hall di un albero in riva al mare a
Knokke, in Belgio. Ero in vacanza con la mia famiglia e ci stavamo rilassando dopo una
giornata di viaggio. Decisi di ascoltare la musica dal mio Mp3 piuttosto che guardare la tv
con canali stranieri.
L’ Mp3 mi era stato regalato già carico di una selezione di canzoni. 4 hit dei Lunapop, una
canzone di Lucio Dalla, alcune canzoni dei Queen…partí una canzone strana, con sonorità
molto fuori moda. Era “I saw her standing there”, uno dei primi brani incisi dai Beatles.
Rimasi folgorata. Letteralmente. E la riascoltai ancora. E ancora. E di nuovo. Non capivo
neppure di cosa trattasse il testo! Ancora oggi quella canzone è una Madeleine proustiana
efficacissima che mi catapulta in quell’anno.
Il mio Mp3 conteneva canzoni piuttosto particolari, non i brani che ascolteresti per primi
quando vieni a conoscenza di un nuovo gruppo musicale. A rotazione partirono le canzoni
“Strawberry fields”, “Penny Lane”, “Norwegian woods” ed infine “Lady Madonna”. Io ero
già innamorata persa e dire che non conoscevo neppure il volto di questi menestrelli moderni.
Ecco, io penso che la mia adolescenza inizió esattamente quella sera anche se avevo soltanto
11 anni e biologicamente ero ancora una bambina.
I Beatles divennero la mia nuova ossessione come solo un giovane puó ossessionarsi, nella
maniera più totale e coinvolgente. Imparai i loro volto, le loro storie e soprattutto la loro
musica. La notte sognavo di essere una di quelle fan degli anni ’60 che gridavano ai loro
concerti e la mattina mi svegliavo con le farfalle nello stomaco frastornata non capendo cosa
diavolo mi stesse succedendo.

Ad un certo punto coinvolsi mio fratello (maggiore di 3 anni) in questa mia follia verso
epoche musicali che non avevamo mai veramente vissuto. Passavamo le serate ad ascoltare a
turno i nostri vinili comprati ai mercatini la domenica mattina e ci sentivamo a casa in una
epoca a cui non appartenevamo neppure lontanamente. Proprio questo significa la parola in
antico gaelico “Hiraeth”: nostalgia, malinconia per qualcosa che non si è mai vissuto. É
perfino più dolorosa della nostalgia vera e propria. Il termine esiste con leggere varianti
anche in altre lingue, come la parola Portoghese “saudade”, il concetto Italiano “sindrome
dell’età d’oro” e la parola finnica “kaukokaipuu” che sta ad indicare la nostalgia per luoghi in
cui non si è mai vissuti o ancora l’espressione tedesca “fernweh”.

Dai Beatles mi apersi a sonorità mai sentiti prima grazie a nuove amicizie nate proprio grazie
alla maglietta dei Beatles che indossavo costantemente ormai.
Scoprii di amare tutto ciò che era delle decade d’oro della musica rock e metal. Gli anni
’70-’80’-’90 erano ormai la mia filosofia di vita e influenzavano continuamente la quotidianità.
Sospiravo al fatto che nessuno mi capisse ma che sforzo compivo io per comprendere la
realtà che mi circondava? Nessuno, assolutamente nessuno. Vivevo in una specie di macchina
del tempo e di un tempo che neppure conoscevo personalmente. Non ricordo nessun episodio
di cronaca dei miei 14, 15 o 16 anni. Tabula Rasa.

L’adolescenza é il momento in cui si formano le nostre passioni permanenti che possono
anche intrappolarci in una chiusura mentale fittissima. Tocca a noi ma anche a chi ci sta
intorno adeguarsi. Ora capisco quanto potesse risultare strano vedere entrare in classe alle 8
del mattino una ragazzina piena di borchie e scarpe platform cosi stramba agli occhi altrui!
La musica e il cinema offrono un grande conforto e sono ancora innamorata perdutamente
degli Iron Maiden, dei Pink Floyd, dei Dire Straits, delle commedie anni ’90…ma anche il
presente non è così male, me lo devo ricordare sempre. L’altro giorno ho visto per la prima
volta il grande classico “Casablanca”. Inutile dire che ho provato una fortissima “Hiraeth” per
le atmosfere create da Hollywood per quel film cult. Ma l’importante è rendersene
conto,trovare le parole come ha fatto lo scrittore Victor Hugo quando ha scritto “la
malinconia è la felicità di essere tristi” o quando Federico García Lorca riassunse la
sensazione parlando del “fatale sentimento di essere nati tardi”. Il regista Woody Allen ha
reso incisiva questa idea con il film “Midnight in Paris”.

Ma davvero il passato è meglio del presente? Io penso proprio di no. Il passato è qualcosa che
sfugge dalla mani, del presente ne abbiamo ben piú controllo. Occorre agire prima che diventi
passato. Non sto parlando di rimorsi, di rimpianti esistenziali, sto pensando alla vita di tutti i
giorni, a chi ci sta intorno e a ciò che succede nella realtà esterna.
P.s. Ringrazio John Lennon che mi ha riportato questi ricordi alla mente e l’analisi che i miei
21 anni mi hanno permesso di fare in questi ultimi giorni del 2020.

 

Elisa Cavini

One thought on “La banalità dell’ Hiraeth (ed alcune riflessioni sull’adolescenza)

  1. Ho comprato un mazzo di oracoli “starseed” in inglese. Per gioco, facendo una domanda, è uscita la carta con la scritta HIRAETH. Malinconica di natura e quasi 50enne, mi sono trovata qui al tuo articolo. Queste sensazioni, anche se con esempi diversi, le conosco bene, ma non conoscevo la parola. Grazie.

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