Vivere per lavorare o lavorare per vivere? Una via di mezzo!

 

Di Chiara Marino

Ai bambini viene spesso e volentieri chiesto “Cosa vuoi fare da grande?”. Una domanda che però ai bambini non interessa molto e di cui non ne capiscono il peso sociale. I bambini pensano soltanto alla prossima puntata del loro cartone animato e al chiedere insistentemente ai genitori di acquistare un nuovo astuccio per i colori che puntualmente abbandoneranno dopo averci giocato due giorni, come è giusto che sia – intendiamoci. I bambini non sanno naturalmente rispondere a questa domanda, come possono? Sono esseri semplici, vivono il momento e si godono la loro età, tendenzialmente. Il problema quindi siamo noi adulti, grandi e molto vaccinati, vista l’era COVID-19, che chiediamo ad un essere ancora poco sviluppato dal punto di vista personale “Quale lavoro vuoi fare da grande?”. Ma poi perchè questa domanda tra tante che vi sono? Ebbene, perchè il lavoro è tristemente considerato il fine della nostra vita, la massima aspirazione che possiamo possedere, tutto ciò a cui ambire. I bambini risponderanno alla nostra domanda “Astronauta” “Cantante” “L’orso di Masha” insomma tutti lavori considerati molto divertenti e in cui lo status sociale è l’ultimo dei loro pensieri. Ma i bambini crescono molto velocemente, presto capiscono che fare l’orso non è un lavoro che ti renderà felice, per esserlo davvero devi rincorrere delle professioni che ti danno un valore a livello sociale. E quindi rincorriamo i titoli, ci identifichiamo nei vari “Dott.” “Prof.” “Comm.” alla domanda “Chi sei?” ci viene naturale rispondere con la nostra attuale occupazione. Ma noi non siamo la nostra occupazione, nemmeno il nostro percorso di studi, tantomeno i nostri pensieri o le nostre passioni. Possiamo dire di essere e basta, siamo esseri viventi in continuo mutamento. Non esiste un manuale d’istruzioni, soltanto vivendo, sbagliando, capendo ed esplorando possiamo trovare la nostra dimensione e chi vogliamo essere “da grandi”. Il lavoro quindi non basta per soddisfarci e non è l’unica domanda con cui stimolare i bambini, le persone sulla piena realizzazione di sé. La professione è certamente una parte importante della vita, attraverso questo possiamo esprimere la nostra persona ma non è certo l’unica area da sviluppare. Le passioni, gli affetti, il tempo libero, la scoperta di sè stessi, tutto ciò che amiamo fare e che non monetizziamo sono cose altrettanto importanti per sentirci vivi. Quindi c’è una buona notizia, non dobbiamo per forza trovare un lavoro che amiamo per vivere bene. Certamente è ottimale fare qualcosa che ci piace sul luogo di lavoro visto che lo faremo per tanto tempo, ma anche quando amiamo tantissimo la nostra attività lavorativa avremo dei giorni in cui lo faremo controvoglia. In questi casi dunque ci soccorrono tutti gli altri aspetti della vita che curiamo e facciamo crescere. Il lavoro può essere visto anche come un modo per mantenersi economicamente mentre al di fuori dell’ufficio o della fabbrica c’è la nostra vera realizzazione come esseri viventi. “Cosa vuoi fare da grande?” è una domanda a cui la risposta a cui tutti gli esseri umani pensano è banalmente “Voglio fare ciò che mi fa star bene”. Perchè in fondo è sempre questo il motivo per cui agiamo, pensiamo che potremmo star bene e che una certa scelta ci renderebbe felici. Il mondo esterno ci dice che per essere felici ci sono delle formule, dei passi lineari da seguire ma poi ci rendiamo conto che non è così, le sensazioni negative ci sono anche all’apice del successo socialmente accettato e ci ritroviamo a non sapere nemmeno chi siamo, cosa vogliamo, perchè abbiamo fatto certe scelte. Questo quindi non è un articolo che vi illustrerà i 10 magici passi per raggiungere la felicità, perchè non esistono e non posso dirveli. L’unico consiglio che posso dare, a voi che siete arrivati fino in fondo, è che dovreste porvi tante domande e darvi le risposte cercando di non rivolgervi all’esterno. Chiedetevi il perchè per ogni cosa che fate, il perchè agite e vedrete che magari aggiungerete un po’ più di senso e benessere alle vostre giornate. Dunque è chiaro il perchè i bambini non possono rispondere a tale domanda, perchè conoscerci richiede tanto tempo e un’enorme lavoro di ricerca, un processo che in realtà non finisce mai in quanto siamo in continuo cambiamento. Allora siate sereni, se vi sentite persi, non realizzati, frustrati dalle scelte fatte, continuate il vostro cammino perchè magari potreste venire a conoscenza di qualcosa di nuovo su voi stessi che vi fa star bene. Non c’è un punto di arrivo, la carriera perfetta, l’apice dell’azienda, il numero di amici giusto, gli oggetti da possedere per forza, ci siete solo voi e il cammino che vi sentite di fare. “Conosci te stesso” è un monito abbastanza scontato, molto usato in questi giorni, eppure perchè non vedo tutte queste persone illuminate in giro? Forse perchè abbiamo usato questa frase come stato Whatsapp nel 2017 e l’abbiamo lasciata lì, dimenticandoci di quale diavolo di funzione abbiano questi stati…quindi conoscetevi davvero, scopritevi e ricordate che fare l’orso del cartone “Masha e Orso” forse non è un’attività retributiva ma esplorandola potreste giungere ad articolare un mestiere che potrebbe piacervi, una vocazione, una passione o semplicemente un piccolo tratto di voi.

One thought on “Vivere per lavorare o lavorare per vivere? Una via di mezzo!

  1. La piena maturità si raggiunge solo quando si raggiungono questi due semplici traguardi:
    l’indipendenza affettiva e l’indipendenza economica.
    Al mio tempo, molto prosaicamente, si parlava delle tre EMME (Macchina-Moglie-Mestiere)

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