La Società dei simboli: Curiosità sul significato dei simboli

Se volete leggere questo pezzo ve lo consiglio fortemente per capire perché ci piace una cosa piuttosto che un’altra? Oppure ti sei mai chiesto perché ci facciamo condizionare non più dalle parole ma da un simbolo? Forse racchiude e plasma il nostro modo di essere e di pensare? Come l’uomo può condizionare il meccanismo visivo e psicologico attraverso una simbologia? Alla chiave di tutte queste risposte il mio testo cercherà di rispondere, e step by step capiremo cosa ci spinge ad aprire una porta piuttosto che in un’altra.

Partiamo da una base di introduzione, il simbolo è un elemento che esprime comunicazione e divulgazione che racchiude la funzione di rappresentare il significato e né diventa il significante. La potenza comunicativa nel segno sta nel rappresentare illusoriamente un concetto diverso da ciò che il simbolo è ma comunicando un forte impatto visivo e morale.

Deriva dall’antico greco ed esprime “tessera di riconoscimento” secondo l’usanza per cui due individui, due famiglie o anche due città, spezzavano una tessera, di solito di terracotta o un anello, e ne conservavano ognuno una delle due parti a conclusione di un accordo o di un’alleanza: da qui anche il significato di “patto” o di “accordo” che il termine greco assume per traslato. Il perfetto combaciare delle due parti della tessera provava l’esistenza dell’accordo.

Quante volte abbiamo raffigurato dei simboli negli scenari di guerra a dei plotoni di esecuzione, come sta avvenendo nella guerra in Ucraina, o a delle società di persone o a dei movimenti pro clima. Il nostro mondo ruota intorno a voler rispecchiare e risvegliare nelle conoscenze di tutti noi attraverso un simbolo un cambiamento, e a voler renderci uniti sotto uno stesso stemma che ci accumuna e che ci definisce. Cerchiamo noi umani il consenso, l’apprezzamento e il riconoscimento all’interno di una comunità.

I simboli sono inoltre differenti dai segnali, poiché questi ultimi hanno un puro valore informativo e non evocativo.

I simboli si differenziano anche dai marchi, che hanno un valore solamente soggettivo e che vengono usati per indicare un’origine fattuale.

Il simbolo può essere di due tipi: convenzionale, in virtù di una convenzione sociale; analogico, capace di evocare una relazione tra un oggetto concreto e un’immagine mentale.

Ad esempio, il linguaggio parlato consiste di distinti elementi uditivi adoperati per rappresentare concetti simbolici (parole) e disposti in un ordine che precisa ulteriormente il loro significato. I simboli e i segni possiedono un forte carattere intersoggettivo, in quanto sono condivisi da un gruppo sociale o da una comunità culturale, politica, religiosa. 

A questo punto vale la necessità di stabilire che il simbolo è diverso dall’allegoria che si esprime preferibilmente tramite il linguaggio mentre il simbolo contiene di per sé quello che vuole significare.

Un simbolo è qualcosa di più concreto, statico, assoluto rispetto all’allegoria. Per esempio, un’aquila può essere simbolo di regalità, di forza, ecc. Anche un’aquila in volo o in un’altra azione generica spesso ha valenza di simbolo, indipendente dal contesto entro il quale viene posta. Quando invece il contesto è basilare nell’interpretazione si parla di allegoria; un’aquila che, all’interno di una narrazione, scenda dal cielo e faccia una serie di azioni significative può rappresentare un’immagine più complessa (ad esempio simboleggiava il Sacro Romano Impero e in base alle azioni che può compiere nello specifico si può estrapolare una situazione politica specifica). Spesso l’allegoria, nella sua complessità maggiore, ha un’interpretazione “soggettiva”, cioè legata al tipo di lettura che se ne fa. Il legame tra oggetto significato e immagine significante nell’allegoria è arbitrario e intenzionale, a differenza del simbolo in cui è piuttosto convenzionale; nell’allegoria non può essere decodificato in maniera intuitiva e immediata, ma necessita di un’elaborazione intellettuale. L’allegoria è comunque sempre “relativa” (al contrario di “assoluta”), ovvero è suscettibile di una discussione critica nella fase di interpretazione.

Il simbolo quindi con un significato immediato contenuto al suo interno si può dire abbia una valenza metafisica nascosta espressa da un intimo rapporto tra la raffigurazione sensibile espressa nel simbolo e la sua valenza ideale. 

Vi è mai capitato di scarabocchiare mentre siete al telefono? Se la vostra risposta è “sì” significa che anche voi come me condividete insieme ad altri milioni di persone la tendenza ad esprimervi attraverso dei segni. Non è una malattia, non c’è da preoccuparsi, è tutto merito della nostra natura. Dico merito, perché tracciare disegni e rappresentare ciò che vediamo e viviamo è una peculiarità unicamente umana che sin dall’età della pietra ci è utile per comunicare qualcosa. I simboli nascono proprio da qui, dal nostro bisogno primordiale di scambiarci informazioni gli uni gli altri gerarchizzandole secondo diversi gradi di importanza. Un simbolo è in breve la rappresentazione, illustrata o concreta, che sostituisce un soggetto.
Pensiamo al simbolo del cuore. Osservandolo, immediatamente tutti facciamo la stessa identica associazione: cuore – amore – affetto – passione e questo lo sappiamo bene perché ce lo ha insegnato la nostra cultura. Il cuore quindi sostituisce il concetto di “amore”, sintetizzandolo in una particolare forma, a cuore appunto.

Oggi come usiamo i simboli? La risposta che mi verrebbe immediata è questa: oggi non li usiamo perché non li conosciamo. O meglio, ne abbiamo fin sopra i capelli e ciò ci allontana dal comprenderli e prima ancora, dal notarli e riconoscerli.
Vivendo nella famosa “società dell’immagine”, dove la comunicazione visiva funziona più di mille parole, le nostre necessità non sono differenti da quelle di un tempo, si sono solamente evolute acquistando forme nuove. Noi siamo gli stessi uomini che dipingevano all’interno delle caverne, non è cambiato nulla se non gli obiettivi da raggiungere.
La ricchezza simbolica che abbiamo ereditato, è spesso incompresa e poco utilizzata. Sembrerebbe essere andata perduta ed apprezzata unicamente dagli appassionati di arte e cultura. Certo è che senza cultura non possiamo riuscire ad innovare dando vita a soluzioni nuove ai problemi di ogni giorno. La creatività infatti, cos’è se non questo? Un ambiente che di certo avrebbe da guadagnarci attingendo dal calderone dei simboli e della simbologia è senza dubbio quello del branding. Il brand, la marca, ha bisogno di un mondo tutto suo in grado di coinvolgerci e distinguerci e per fare questo la simbologia può correre in suo aiuto. Conoscere i simboli ed approfondire la loro storia è il primo passo per realizzare nuovi modi di comunicare la nostra realtà.

I simboli hanno da sempre una profonda influenza sulla civiltà umana. Anzi, senza i simboli la stessa civiltà non sarebbe mai stata possibile. Ogni simbolo è, nei fatti, una “chiave per evocare” qualcosa che è al di là della semplice materia. Anche se detta così può “suonare strana”, se riflettete bene è esattamente un qualcosa che sperimentiamo quotidianamente. Pensate alle parole che state leggendo: ognuna di esse – e in modo più profondo la composizione di esse – evocano in voi immagini e sensazioni che vanno certamente al di là dei semplici caratteri che io ho composto. E questo non avviene soltanto con le parole, ma con tutto quello che facciamo. Pensate al modo di vestire: ci basta indossare dei vestiti “importanti” per sentire in noi quell’energia che ci fa sentire importanti; è una sensazione che tutti conosciamo molto bene. Oppure è sufficiente sedersi al volante di una macchina super sportiva per sentire scorrere l’adrenalina. E questi non sono che dei semplici esempi. Nel nostro quotidiano, infatti, ogni oggetto, ogni parola, ogni suono evoca in noi sempre una certa sensazione, anche se difficilmente ce ne rendiamo conto per via della nostra abitudine alla loro presenza. Ecco perché quando facciamo qualcosa di diverso percepiamo delle particolari sensazioni: sono i simboli “nuovi” con cui veniamo a contatto che ci fanno provare sensazioni “nuove” a cui non eravamo abituati.

Un esempio dell’uso incontrastato, oramai diffuso, dei simboli sono nei caratteri dei testi di messaggio che utilizziamo ogni giorno per comunicare con le persone e ce diamo per scontato. La forza comunicativa delle emoji ha una valenza non affatto sopita, tutt’altro, gli emoticon si sono evoluti, moltiplicati, affinati e sono diventati graficamente più accattivanti. Il merito di aver reso le nostre conversazioni virtuali più allegre, informali e colorate va Shigetaka Kurita un ingegnere del paese del Sole Levante che, nel dare la paternità agli emoji (la versione evoluta degli emoticon), si è ispirato alla tradizione fumettistica legata alle sue origini, ovvero ai manga giapponesi. I puristi della lingua saranno sicuramente contrari al dilagare delle ormai onnipresenti icone, ma gli studiosi non lo sono affatto e dimostrano che il loro utilizzo rende la nostra comunicazione più amichevole e accattivante. Owen Churches, ricercatore di psicologia alla Flinders University di Adelaide, ha messo in luce che l’importanza degli emoticon risiede nel fatto che la mente umana reagisce alla vista delle icone-simbolo dei visi stilizzati, come se si trovasse di fronte un volto reale, la comunicazione scritta diventa in questo modo emotivamente più coinvolgente. 

Nessun dubbio, quindi, sull’efficacia delle icone nella digital communication, ma l’utilizzo degli emoticon potrebbe diventare prassi comune anche in altri ambiti.
Una recente ricerca condotta su un campione di 995 soggetti da Milìca Vasilijevic e pubblicata su Appetite ha dimostrato che l’uso delle faccine sulle etichette alimentari veicola il messaggio di validità o disvalore in termini nutrizionali del prodotto in maniera più chiara ed efficace rispetto alle tradizionali tabelle nutrizionali. Una ulteriore conferma che la comunicazione visiva ha un impatto più alto ed immediato rispetto a quella scritta.

Una vera rivoluzione culturale nel modo di comunicare? Forse sì, ma forse, o più semplicemente, un ritorno alle origini, viste le abilità comunicative dei nostri antenati. Proprio loro, attraverso le pitture rupestri, hanno saputo far pervenire fino ai giorni nostri massaggi di grande efficacia grazie alla semplice, ma straordinaria, forza delle immagini.

 

Gianmarco Di Nunzio

 

 

 

 

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