La dittatura cilena in due romanzi contemporanei 

 

È il 1982 quando viene pubblicato il romanzo che consacrerà Isabel Allende come una delle penne più conosciute della letteratura latino-americana. “La casa degli spiriti” è un must, una pietra miliare per chiunque voglia scoprire qualcosa in più di quel pezzo di storia cilena compreso tra il 1973 ed il 1990. Attraverso la storia di una famiglia l’autrice racconta la violenza, la tortura, la disperazione di una delle dittature più sanguinarie e repressive di tutti i tempi.

Più recenti sono due romanzi le cui trame si sviluppano su più decenni, con focus puntuali sul ventennio dittatoriale. Nel 2016 viene pubblicato “Il giardino di Amelia” di Marcela Serrano, autrice cilena fuggita in Italia proprio a seguito del golpe militare che portò al potere il generale Pinochet nel settembre del 1973. In duecentocinquanta pagine l’autrice alterna diversi tipi di narrazione che portano il lettore ad immergersi completamente nelle vicende dei personaggi. A raccontare l’intera storia è Amelia, detta Mel, figlia dell’Amelia il cui giardino dà titolo al romanzo. La sua voce ripercorre gli ultimi vent’anni di vita della madre, che verranno sconvolti dall’incontro con un giovane oppositore del regime, Miguel, che sarà allo stesso tempo sciagura e serenità. 

A fare da sfondo al tutto c’è prima la Novena, tenuta di campagna vicina alla Cordigliera, e poi l’Inghilterra, dove Miguel fugge le persecuzioni e può ricostruirsi una vita libera. Si passa dalle sperdute campagne cilene alla Santiago presidiata dai militari, dalla Manchester di fine anni ’80 a Londra per tornare al Cile nel 2005, luogo dove tutto inizia e dove, inevitabilmente, il cerchio si chiude. Al centro il coraggio di una donna, che, come tantissime altre, viene ingiustamente accusata e imprigionata da un regime che non fa sconti a nessuno. Oppositori, sospetti, comunisti, preti, intellettuali, nessuno fugge la tela del terrore meticolosamente costruita dai sostenitori e dagli uomini del generale. 

Da una parte la sfrontatezza, il coraggio e l’arroganza di Miguel si scontrano con la saggezza, la pazienza ed il perdono di Amelia. Due personaggi diametralmente opposti accomunati dall’amore per la propria terra d’origine e dalla speranza di veder tornare, un giorno, la democrazia. Sono le donne, però, a scrivere la storia in questo caso. La loro determinazione e fermezza le salverà dall’oblio più volte, ancorate a quella tenuta che da generazioni viene tramandata soltanto di madre in figlia.

Il secondo romanzo con focus interessante sul periodo dittatoriale è “Lungo petalo di mare”, di Isabel Allende. Il romanzo ci porta a scoprire le vicende di Victor e Roser, giovani sposi per necessità che attraversano l’Atlantico per fuggire le follie della Guerra Civile Spagnola e del franchismo. Miguel e Alba sono cileni nell’anima, e lottano a modo loro per riveder ritornare la democrazia nel paese che amano. Victor e Roser sono profughi, sono stati accolti e hanno imparato ad amare quella lingua di terra che si allunga tra il Pacifico e la Cordigliera. Nel 1973, dopo più di trent’anni, vedono sgretolarsi il paese in cui hanno vissuto, ormai, tutta la loro vita adulta. 

Esuli di nuovo, devono lasciare il Cile che amano dopo aver lasciato la Spagna in cui sono nati. Questo romanzo è un romanzo di perdono, di rinascita in età adulta, di cerchi che si aprono e anche qui, inevitabilmente, si chiudono. 

Curiosamente questa vicenda fittizia prende spunto da una verità storica che forse in pochi conoscono. Il “lungo petalo di mare” non è altro che il piroscafo Winnipeg, noleggiato dal poeta Pablo Neruda per portare in Cile oltre duemila esuli spagnoli. Ed è proprio con versi del poeta che ogni capitolo del libro si apre. 

In apertura leggiamo parole riassuntive di tutta la vicenda, tratte dalla poesia Ritorno in Navigazioni e ritorni:

[…] stranieri, questa è,

questa è la mia patria,

qui sono nato e qui vivono i miei sogni. 

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