JOHN RABE E IL MASSACRO DI NANCHINO: L’ECCIDIO 80 ANNI DOPO

Sono passati 83 anni dalla fine del massacro di Nanchino: la miriade di soprusi (per usare un eufemismo) avvenuti tra il dicembre del 1937 e la primavera del 1938 nella ex capitale della Repubblica cinese per mano dell’esercito giapponese.

 

trigger warning*: sinocidio; tortura; violenza sessuale

 

Sono passati 83 anni dalla fine del massacro di Nanchino, la miriade di soprusi (per usare un eufemismo) avvenuti tra il dicembre del 1937 e la primavera del 1938 nella ex capitale della Repubblica cinese per mano dell’esercito giapponese. Massacro probabilmente noto ai molti con l’appellativo “stupro di Nanchino” a seguito dell’esorbitante numero di stupri (si stima tra i 20.000 e i 80.000) che lo hanno reso non solo uno tra i più grandi genocidi della storia moderna, ma anche uno tra i più grandi stupri di massa della storia umana.

 

È bene ricordare che negli anni Quaranta furono combattute due “seconde guerre”: la seconda guerra mondiale e la seconda guerra sino-giapponese (o per la comunità cinese “Guerra di resistenza”). Quest’ultima si tenne tra il luglio del 1937 ed il settembre del 1945; i presupposti dello scontro sono da cercare nella bramosia dell’Impero giapponese di essere visto al pari delle colonie occidentali. Il periodo Meiji (ndr. periodo storico del Giappone che comprende i 44 anni di regno dell’imperatore Mutsuhito) inaugurò la modernizzazione del Giappone sotto lo slogan Fukoku kyōhei (“arricchisci il Paese, rinforza l’esercito“); tale motto prevedeva l’attacco degli altri Stati al fine di guadagnarsi il rispetto delle altre potenze e, soprattutto dopo la nascita della vacillante Repubblica cinese nel 1912, sempre minata da sommosse interne, i territori sinici divennero un cospicuo bersaglio delle mire espansionistiche nipponiche. Gli inasprimenti tra le due nazioni, che di fatto perdurarono delle decadi, vennero ufficializzati solamente dopo l’incidente del ponte di Marco Polo (avvenuto per l’appunto nel luglio del ’37).

foto di guerra (via web)

 

Ciò nonostante, pare che tra le tante battaglie che si susseguirono durante la guerra, quella di Nanchino (dicembre 1937) sia il frutto di un’insubordinazione militare più che di una pianificata strategia d’offesa: una volta resistito all’attacco delle milizie cinesi nella battaglia di Shangai (agosto – novembre 1937), le due armate giapponesi (l’Armata di spedizione di Shangai e la 10a Armata, inviata dall’Impero per costringere il nemico alla ritirata) furono infastidite dall’ordine da parte dell’Impero di rispettare la “linea di restrizione operativa”, tracciata così da non allargare troppo il campo di battaglia sino-nipponico. In particolare il generale Matsui (ndr. comandante dell’Armata di Spedizione) riteneva essenziale per la vittoria sulla Cina la caduta di Nanchino, in quanto capitale della Repubblica.

Fu così che il 19 novembre 1937 il generale Yanagawa (ndr. comandante della 10ª Armata) ordinò di inseguire le truppe nemiche oltre la “linea di restrizione”, verso Nanchino; a nulla servirono gli ammonimenti del governo centrale, che furono completamente ignorati.

 

Ebbe in questo modo inizio uno tra le più grandi strage siniche, sterminio in sordina che spezzò 10 milioni di vite tra uomini, donne e bambini e che vide il suo tragico acme proprio nella battaglia di Nanchino. Iris Chang ricorda così le violenze di guerra nel best-seller “Lo stupro di Nanchino – l’Olocausto dimenticato della Seconda Guerra mondiale” (1997)

 

Prego a chi è particolarmente sensibile ai trigger sopracitati* di considerare attentamente la lettura della testimonianza qui sotto riportata:

 

“Venni a sapere dello stupro di Nanchino quand’ero bambina. Me lo raccontarono i miei genitori, che sopravvissero ad anni di guerra e rivoluzione prima di trovare pace in America […]. Ma non hanno mai dimenticato gli orrori della guerra sino-giapponese e nemmeno volevano farli dimenticare a me. In particolare, non volevano che io dimenticassi lo stupro di Nanchino. […] I Giapponesi, imparai, tagliavano i bambini non in due ma in tre o quattro pezzi, dicevano; nel fiume Yangtze scorreva acqua rossa per giorni”

  • da “Lo stupro di Nanchino – l’Olocausto dimenticato della Seconda Guerra mondiale” 

foto di un militare giapponese e un contadino cinese (via web)

 

Eppure riuscirono ad emergere dei fari di speranza: Robert Wilson, Minnie Vautrin, Miner Searle Bates e Christian Kröger sono solo alcuni dei missionari fondatori del “Comitato internazionale per la zona di sicurezza di Nanchino”, organizzazione umanitaria che nel ‘37 diede vita a una zona neutrale per concedere ai rifugiati di guerra un sollievo dalle bombe nemiche.

Il comitato vide a suo capo un presidente sui generis: il tedesco John Rabe. A celebrarne l’importanza, non senza nasconderne la peculiarità, è sempre la scrittrice Iris Chang:

 

Forse il personaggio più affascinante ad emergere nella storia dello stupro di Nanchino è l’imprenditore tedesco John Rabe. Per gran parte dei cinesi in città era un eroe, “il Buddha vivente di Nanchino”, il leggendario presidente della zona protetta che salvò centinaia di migliaia di vite cinesi. Ma per i Giapponesi, Rabe era uno strano e improbabile messia. Essendo non solo un tedesco – cittadino di uno Stato alleato con il Giappone – ma anche capo del partito nazista a Nanchino”

  • da “Lo stupro di Nanchino – l’Olocausto dimenticato della Seconda Guerra mondiale” 

 

Secondo Chang, l’appartenenza del missionario Rabe al partito nazista è da ricondurre alla sua visione ad impronta socialista del movimento: non supportava le persecuzioni ebree e ripeteva, nelle sue visite ai vari ministri di Nanchino, che “[riferendosi al partito] siamo i soldati del lavoro, il governo dei lavoratori, gli amici dei lavoratori e non abbandoneremo mai i lavoratori nel momento del bisogno”.

 

Rabe si trasferì in Cina nel 1911 per motivi di lavoro ed esattamente 20 anni dopo divenne il funzionario della Siemens China Co., azienda in cui lavorava. Agli albori della guerra tra Cina e Giappone viveva ancora a Nanchino e nel novembre del 1937 (lo stesso mese in cui iniziò la marcia delle truppe giapponesi per Nanchino) si unì ai pochi europei e americani rimasti in città in un Comitato internazionale nell’intento di progettare una zona demilitarizzata

Rabe venne poi eletto presidente del comitato nella speranza che la sua appartenenza al Partito Nazista, unita al Patto bilaterale Anticomintern nippo-tedesco, rendessero più credibile agli occhi del nemico quest’unanime presa di posizione. 

L’affarista John Rabe racconta nel suo diario:

 

“È stato fondato un Comitato internazionale, composto perlopiù da professori dell’Università di Nanchino e da medici americani dell’ospedale di Kulou, tutti missionari. Vogliono provare a creare un campo profughi, o meglio, una zona neutrale, dove i civili possono rifugiarsi nel caso la città fosse sotto attacco. […] mi è stato chiesto se fossi interessato ad unirmi al Comitato. Ho accettato […]”

–  da “The Good Man of Nanking – the Diaries of John Rabe” 

 

Fattosi forte della bandiera nazista, fu proprio lo stesso Rabe a chiedere all’armata giapponese un’area di protezione di otto chilometri e mezzo lungo il quartiere delle ambasciate estere e dell’Università: 

 

“Caro comandante dell’esercito giapponese a Nanchino, apprezziamo che gli artiglieri del vostro esercito non abbiano attaccato la Zona di Sicurezza. E speriamo di poterci mettere in contatto con lei per fare un piano per proteggere i cittadini cinesi che si trovano nella zona di sicurezza… Saremo lieti di cooperare con voi in ogni modo per proteggere i cittadini di questa città.”

  • da “The Good Man of Nanking – the Diaries of John Rabe” 

 

L’esercito giapponese rifiutò la proposta e il funzionario inviò di conseguenza una richiesta d’aiuto al Führer tedesco Adolf Hitler, caduta tuttavia in sordina.

Rabe, nel disperato tentativo di dissuadere l’esercito nemico a bombardare, decise dunque di affiggere la bandiera nazista all’entrata della zona di protezione:

 

“Le strade dell’area di protezione sono piene di persone nemmeno lontanamente disturbate dal frastuono dei bombardamenti. Hanno più fiducia nella nostra area di quanta ne abbia io stesso.”

–  da “The Good Man of Nanking – the Diaries of John Rabe” 

 

“Quando la città cadde, la zona di sicurezza, i suoi confini fiancheggiati da bandiere bianche e fogli con il simbolo della Croce Rossa all’interno di un cerchio rosso, divennero un vero e proprio alveare umano brulicante di 250.000 rifugiati”

  • da “The Good Man of Nanking – the Diaries of John Rabe” 

 

Successivamente, preso atto della progressiva brutalità delle milizie nemiche, iniziò a girare lui stesso per le strade della capitale impedendo quanti più stupri e omicidi possibili. Portava sempre la fascia nazista al braccio per ottenere il rispetto dei carnefici. 

Immagini rappresentative della zona di protezione e della città di Nanchino (da “Lo stupro di Nanchino – l’Olocausto dimenticato della Seconda Guerra mondiale”)

 

E mentre nelle zone semi-demilitarizzate del funzionario tedesco si stipavano i pochi fortunati nella sventura, alle porte di queste isole di pace aveva luogo una tra le più feroci stragi della storia moderna. 

 

Prego a chi è particolarmente sensibile ai trigger sopracitati* di considerare attentamente la lettura delle testimonianze qui sotto riportate:

 

“Ebbe inizio una competizione tra i soldati – una competizione per determinare chi fosse il più veloce ad uccidere. Mentre un soldato faceva da sentinella […] gli altri otto si divisero per formare quattro coppie. In ogni gruppo, un soldato decapitava i prigionieri con la spada mentre l’altro raccoglieva le teste e le accumulava in pila.” 

 

“Un diabolico strumento di tortura era quello di seppellire le vittime fino al bacino per guardarle mentre dei pastori tedeschi le sventravano […]. I cani non solo squarciavano la pancia ma disseminavano le viscere sul terreno per lunghe distanze.”

 “Una storia simile, non meno brutale, coinvolge una quindicenne cinese cui famiglia è stata assassinata davanti ai suoi occhi […]. La ragazza svenne. Si rianimò per trovarsi nuda sul pavimento in una stanza strana, chiusa a chiave. Qualcuno la stuprò quand’era inconscia. Avevano preso i suoi vestiti, come li presero ad altre donne nella struttura […]. Per un mese e mezzo la ragazzina venne stuprata due o tre volte al giorno, ed alla fine divenne così malata che i Giapponesi la lasciarono stare […].”

 

“I superstiti cinesi descrissero il corpo di un undicenne, morta dopo essere stata stuprata ininterrottamente per due giorni: secondo i testimoni oculari, la sanguinolenta, gonfia e lacerata area tra le gambe della ragazzina era uno scenario così rivoltante da renderne difficile la visione”

  • da “Lo stupro di Nanchino – l’Olocausto dimenticato della Seconda Guerra mondiale” 

 

Lo stesso John Rabe testimonia nel suo diario:

 

Un uomo non può tacere di fronte a tanta crudeltà […]. I giapponesi scorrazzano per la città a gruppi di dieci-venti soldati e saccheggiano tutto. Se non lo vedessi di persona stenterei a crederci.”

–  da “The Good Man of Nanking – the Diaries of John Rabe” 

 

La guerra trovò il suo sperato epilogo solo nell’agosto del 1945 con la capitolazione delle truppe giapponesi, a seguito dell’invasione della Manciuria (ndr. regione nord-orientale della Cina) da parte delle truppe sovietiche e al lancio delle bombe atomiche americane su Hiroshima e Nagasaki. 

Il 9 settembre del 1945 l’Impero giapponese si arrese, perdendo la Manciuria, Taiwan e le isole Pescatores, oltre a tutto il territorio cinese conquistato durante il conflitto.

Le stime sulle perdite umane sono contraddittorie: se il ministero della difesa giapponese dichiara 200.000 caduti, la popolazione cinese ne rilancia quasi 2 milioni. Gli storici sembrano concordare su 480.000 perdite, di cui se ne stimano almeno 300.000 nel solo massacro di Nanchino (seppur quest’ultima cifra venne contestata anche dagli stessi componenti del Comitato internazionale).

 

Ma, nonostante il merito di aver salvato dalle 200.000 alle 250.000 vite umane, il rientro in patria non fu facile per John Rabe. Dopo aver lasciato Nanchino nel 1938, venne temporaneamente arrestato dalla Gestapo (ndr. polizia segreta della Germania nazista) per offese alla Corona Imperiale Nipponica e gli venne intimato di non diffondere le vicende del massacro. Impoverito, Rabe morì nel 1950 a Berlino a causa di un’apoplessia.

 

Tuttavia, il ricordo dell’ “improbabile messia” è ancora vivo nella memoria del popolo cinese: nel 1996 le sue memorie vennero pubblicate e considerate una fonte testuale vitale per la ricostruzione del massacro. Il 13 agosto del 2005 è stato esposto un suo busto commemorativo presso il John Rabe Communication Centre a Heidelberg e, sempre nel 2005, la residenza di John Rabe a Nanchino fu restaurata grazie a una convenzione tra l’Università di Nanchino e il consolato tedesco a Shanghai. Nell’autunno del 2007 sono poi cominciate le riprese di un film sulla vita dell’imprenditore, intitolato John Rabe, uscito in Germania nell’aprile 2009.

Memoriale di John Rabe presso la sua abitazione a Nanchino (via web)

 

Ancora oggi lo spettro del massacro turba ancora i rapporti tra due delle potenze economiche più affermate al mondo e, dalla parte dei carnefici, c’è ancora un’evidente resistenza al mea culpa, fino al punto di far passare l’accaduto sotto il nome di “incidente di Nanchino”.

 

“Alcuni giapponesi più anziani che hanno partecipato a queste atrocità settant’anni prima stanno iniziando ora a parlarne pubblicamente: hanno detto di non averlo rivelato prima perché non volevano mettere in imbarazzo le loro famiglie. Ma, ora che i membri delle loro famiglie sono tutti morti, possono parlarne per la prima volta”

  • da “Lo stupro di Nanchino – l’Olocausto dimenticato della Seconda Guerra mondiale” 

 

Secondo la scrittrice Iris Chang questo silenzio è la sola causa per cui tanto orrore non è penetrato nel tessuto culturale così come sarebbe dovuto accadere, al pari di altri orrori della storia contemporanea. Ma questo stesso silenzio, ricorda sempre l’autrice, è stato anche la forza che ha spinto il riemergere di tanto dolore e l’unica arma per prevenire il suo ripetersi perché, volendosi esprimere con le parole di George Santayana, “coloro che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo”. 

 

SITOGRAFIA:

https://it.wikipedia.org/wiki/Seconda_guerra_sino-giapponese

https://it.wikipedia.org/wiki/Massacro_di_Nanchino#La_Seconda_guerra_sino-giapponese

https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_del_Giappone#Periodo_Meiji_(1868-1912)

https://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_di_Shanghai

https://en.wikipedia.org/wiki/John_Rabe

https://it.wikipedia.org/wiki/Periodo_Meiji

https://www.eventidimenticati.it/2020/03/16/john-rabe-il-nazista-che-salvo-migliaia-di-cinesi-nel-massacro-di-nanchino/

https://it.wikipedia.org/wiki/Manciuria

https://it.wikipedia.org/wiki/Gestapo

 

BIBLIOGRAFIA:

  1. Rabe, “The Good Man on Nanking: the diaries of John Rabe”, Vintage Books (2001)
  2. Chang, “Lo Stupro di Nanchino”, Corbaccio (2000)

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