Benvenuti nell’era dell’estremizzazione climatica

Ho scelto di proposito di iniziare il presente articolo con due immagini satellitari scattate nel periodo 7-12 ottobre 2020, perché credo che, al di là di quanto esporrò nella mia riflessione, sia molto più interessante vedere di persona le foto reali di quanto sta accadendo al nostro clima a livello globale.
Nella prima foto possiamo vedere il profondo ciclone posizionato sulle Isole Britanniche, che ha colpito duramente la nostra penisola nella prima decade di ottobre, causando alluvioni pesanti sul Nord-Ovest. La seconda foto ci mostra invece, una tempesta tropicale che si è abbattuta sul Giappone tra l’11 e il 12 di questo mese. Notate qualche somiglianza? A prima vista sembrerebbero due fenomeni molto diversi, ma in realtà, analizzandoli a livello di dinamiche fisiche e atmosferiche, si tratta di manifestazioni climatiche classificabili come “eventi estremi”. La tempesta tropicale ha sicuramente un grado di pericolosità maggiore rispetto al ciclone inglese nord-atlantico che ha colpito il nostro paese, eppure hanno fatto comunque entrambi danni molto evidenti.

Se ancora non siete rimasti abbastanza impressionanti, vi faccio vedere la seguente foto, scattata sempre dal satellite nella prima metà del corrente mese. L’immagine è molto eloquente.

Cosa notiamo? Vedete quei batuffoli bianchi che si arricciano su sé stessi? Sono uragani, di categoria di potenza anche notevole: sulla scala che va da 1 a 5, ben 4. 

Tutta questa introduzione per darvi ufficialmente il benvenuto nella nuova era climatica detta “estremizzazione”. Con tale termine, intendo riferirmi al verificarsi sempre più frequente in moltissime aree del nostro pianeta, di eventi climatici e meteorologici molto diversi, ma accomunati tutti dal fatto di avere caratteristiche molto pericolose e in grado di arrecare danni rilevanti ai singoli territori in questione, alle persone, alle case e in generale, a tutte le varie società presenti sul globo terrestre. L’aggettivo “estremo” deriva appunto dalla caratteristica sopraccitata: fenomeni sempre più violenti e concentrati in pochi giorni. Ma è la frequenza con cui si verificano a preoccupare. Per chiarire meglio questo punto: in passato, parliamo degli anni 90-primi 2000, gli uragani erano sempre devastanti ma non così tanto come sta accadendo attualmente. Inoltre, trascorreva molto più tempo dal verificarsi di un tornado (uragano, tromba d’aria, tornado sono sinonimi, indicano tutti lo stesso evento). Adesso invece, si succedono con una rapidità impressionante, accompagnati da una potenza molto più pericolosa. 

Guardate di nuovo la fotografia sopra riportata: notiamo la presenza contemporanea di ben 5 uragani in un solo giorno, nella prima decade di ottobre. In un solo giorno!! Ma l’estremizzazione climatica si riferisce anche ad altri eventi molto meno “rilevanti e pericolosi” a prima vista, ma con effetti da non sottovalutare nel lungo termine: 

  • Le ondate di caldo estivo che sono diventate esclusivamente di competenza dell’Anticiclone Subtropicale Africano. Si tratta di una figura barica che ha origine e sede naturale nel continente africano, donde il suo nome, e che ha rapidamente preso il posto dell’Anticiclone delle Azzorre dalla fine degli anni 90 in poi, apportando costantemente ondate di aria calda, anzi direi bollente, con picchi record di temperatura non solo sul bacino del Mediterraneo e non solo durante il trimestre estivo, ma anche sul resto dell’Europa e in diversi altri periodi.

Guardiamo solo al settembre appena passato: ce lo fotografa bene il report stilato dagli esperti del sito di 3BMeteo:

Come possiamo vedere dalla mappa, i colori arancione, arancione scuro e rosso indicano le diverse gradazioni che misurano l’intensità delle anomalie termiche positive oltre le medie del periodo. In sostanza, ad ogni colorazione corrisponde una temperatura sopra la media del periodo di pochi gradi, di un numero rilevante e infine di molti gradi. Nelle zone colorate dall’arancione chiaro, il clima è stato più caldo del normale di circa 2-4 °C, nelle aree dominate dall’arancione più scuro lo scarto dalla media del periodo è stato di 4-6°C e infine, nei paesi dove domina il colore rosso, la temperatura è risultata essere sopra la media di ben 8-10°C. Oltretutto, parliamo di temperature rilevate ad altezza di 2 metri dal suolo, il che rende ancora più grave e rilevante la situazione perché vuol dire che, se andassimo a considerare la temperatura posta ad altezze più elevate, il caldo sarebbe sempre presente in misura notevole.

  • L’assenza pressoché totale di inverni definibili come tali, a causa di profondi cambiamenti climatici a livello della circolazione atmosferica sia in troposfera (che è la parte più bassa dell’atmosfera, dove avvengono i principali eventi atmosferici che conosciamo tutti: perturbazioni, vento, nubi, temporali, tornado, grandine, neve, nebbia…). Cosa intendo quando parlo di assenza della stagione invernale? Ve lo illustrerò nella maniera più semplice possibile, cercando di sintetizzare quelle che sono in realtà dinamiche fisiche e atmosferiche estremamente complesse, che molti siti “acchiappa like” si divertono a sminuire, producendo titoli sensazionalistici, giocando sulla scarsa dimestichezza con tale argomento della maggior parte degli utenti. 

Dunque, il nostro clima autunnale, invernale e primaverile è regolato da una figura barica molto importante che si chiama Vortice Polare. Lo possiamo vedere raffigurato in questa immagine:

Si tratta di una massa di aria fredda che staziona ed ha origine sul Polo Nord, ma esiste anche il Vortice Polare dell’emisfero sud, che staziona e origina sul Polo Sud. Orbene, per comprendere meglio l’estremizzazione climatica che abbiamo avuto e stiamo avendo nel periodo compreso tra ottobre e marzo, dobbiamo prima di tutto sapere quali sono i comportamenti possibili di questa figura e che impatto hanno sul nostro continente europeo e sulla nostra penisola. Ci sono due situazioni principali, due configurazioni meteorologiche (ma è un discorso molto semplificativo, perché in realtà se ne presentano tantissime, qui le restringo solo a due per semplicità di comprensione). Le vediamo nelle prossime due immagini. Vediamo la prima:

Questa situazione raffigura un Vortice Polare definibile come “forte”, cioè compatto: significa che tutto il freddo che lo compone, tutte le perturbazioni e le tempeste che genera, non riescono a scendere verso l’Europa centrale e meridionale, quindi verso l’Italia, ma sono costrette a muoversi in senso “zonale”, cioè con una forte velocità da ovest (dagli Stati Uniti e dal Canada) verso est (in direzione della Russia e della Siberia), da dove fanno il giro per tornare nuovamente sul continente americano e dirigersi nuovamente verso est. Cosa succede in conseguenza di ciò sulla nostra penisola e sul resto dell’Europa centro meridionale? In due parole: bel tempo. Mi spiego: in tale frangente, alle nostre latitudini si instaura una figura di alta pressione, che può essere di origine azzoriana oppure africana (nella figura, è rappresentata dalla lettera A, i colori giallo, arancione, rosso). Questa figura barica ci porta, oltre al sole e al cielo sereno, anche aria molto calda, che provoca un considerevole aumento termico indipendentemente dal periodo in cui noi ci troviamo. Per esempio, a settembre, quando diversi anni fa, le temperature massime non salivano oltre i 25/26 gradi, abbiamo avuto frequenti risalite di aria africana con la costante presenza dell’area di alta pressione della medesima origine (dal continente africano quindi), con il risultato di aver toccato picchi anche di 36/38 gradi. Tutto questo a causa del fatto di aver avuto perturbazioni atlantiche che sono state relegate alle alte latitudini a causa della compattezza del Vortice Polare. 

Ma non è sempre stato così. In passato, mi riferisco agli anni 90 e poi primi anni 2000, si presentava nel periodo autunnale invernale (ottobre-marzo), una situazione completamente opposta che ora andiamo ad analizzare, così alla fine spero che vi rendere conto maggiormente del cambiamento estremo che si è concretizzato.

La seconda situazione che può caratterizzare il Vortice Polare è la seguente:

Noterete certamente la differenza molto evidente rispetto alla configurazione precedente. Questo è quello che accadeva negli inverni e negli autunni passati: ad ovest dell’Italia, in pieno oceano atlantico, quella striscia gialla-verde, rappresenta la salita verso nord dell’anticiclone delle Azzorre con tanta aria calda che si dirige sul Polo Nord, andando a disturbare e indebolire notevolmente il Vortice Polare. Di contro, per una massa d’aria calda che sale, una massa d’aria altrettanto fredda deve scendere verso sud. E infatti, se spostiamo lo sguardo ad est, vedremo quel colore blu scuro e viola, azzurro chiaro e più intenso, scendere verso le latitudini meridionali e andare a colpire in pieno tutta l’Europa centrale e l’Italia, causando ondate di freddo più o meno intense, con nevicate copiose anche in pianura. Non succedeva sempre, ma periodicamente e con una frequenza molto più evidente rispetto a quanto accade oggi.

Ebbene, l’estremizzazione climatica che si sta manifestando nelle stagioni autunnale e invernale consiste proprio in questo: nel passaggio da situazioni di Vortice Polare debole e con frequenti discese fredde e nevose, ad un regime barico completamente opposto, dove domina l’alta pressione con nebbie e clima molto più caldo del normale, con temperature quasi da primavera in pieno inverno, proprio a causa della forza eccezionale del Vortice Polare, che rimane arroccato sul Polo Nord, non consentendo alle perturbazioni di scendere normalmente verso sud. È un fenomeno molto grave questo cambiamento perché ci sono due cose da tenere a mente:

  1. L’assenza prolungata di freddo e neve dal bacino del Mediterraneo, durante il periodo autunnale e invernale, sta causando un eccessivo riscaldamento delle temperature dei nostri mari, proprio a causa del fatto che in estate, le ondate africane di calore intenso che avvengono sempre più con frequenza, accumulano enormi quantità di aria calda sui nostri mari. Questo calore, che in teoria si dovrebbe (e una volta si smaltiva) con le irruzioni fredde dell’autunno e dell’inverno, non venendo dissipato, consumato dal passaggio di perturbazioni, si trasforma in energia pericolosissima che resta a disposizione ogni qualvolta entra una perturbazione sia intensa che debole sul nostro paese. A sua volta, la perturbazione acquista nuova energia per produrre fenomeni violenti che ho definito come estremi (grandine, tornado, mareggiate, allagamenti, nubifragi) proprio perché, portando essa stessa una massa di aria certamente più fresca, la fa scontrare con una massa d’aria molto più calda, generando moti convettivi che creano nubi temporalesche molto pericolose e imponenti, che scaricano ingenti quantità di pioggia, grandine, con raffiche di vento violentissime, in pochissime ore, minuti, giorni. E tra l’altro, non colpiscono tutte le zone in ugual misura, ma solo alcune regioni di limitata ampiezza (mentre in passato, le perturbazioni quando arrivavano, portavano piogge distribuite democraticamente su buona parte delle regioni).
  2. Questi nubifragi, questi passaggi perturbati così violenti che originano appunto dalle dinamiche descritte precedentemente, stanno diventando sempre più frequenti proprio a causa del perdurare costante di questo regime di alta pressione anomala nei periodi che invece, dovrebbero essere caratterizzati da un clima più freddo e perturbato. 

E nel resto del mondo cosa sta succedendo o cosa è successo fino ad ora? Un “quarantotto” possiamo dire. Per fare un esempio (ma basterebbe solo pensare alle foto che ho riportato ad inizio articolo), a inizio ottobre, gli Stati Uniti hanno visto un passaggio climatico traumatico per l’intensità, la velocità con cui è avvenuto: in 36 ore, sono passati da una temperatura prettamente estiva di 38/39 gradi, ad una pienamente invernale con +1/0 gradi e con nevicate fino in pianura, su quelle stesse zone dove il giorno prima c’era il sole e si faceva il bagno in mare. 

Sulla Scandinava e sulla Russia, il 2020 fino ad ora, ha fatto registrare temperature superiori alla norma anche di 15/20 gradi, con punte fino a 34 gradi in zone dove invece dovrebbe essere presente un clima molto più fresco. Eppure, sulla stessa penisola Scandinava, in avvio di luglio abbiamo avuto un’ondata di freddo invernale mai sperimentata prima. 

Spostandoci nella penisola Arabica, tra il 29 e il 31 maggio 2020, nella città di Salalah, secondo le rilevazioni pluviometriche, in 72 ore sono caduti ben 175 mm di pioggia torrenziale (cioè intensa e senza tregua, tale da compromettere la visibilità anche a brevi distanze). Se pensate che 124 mm di pioggia in 24 ore sono l’equivalente di un anno in quelle zone che sono tipicamente a soggette a regimi precipitativi molto diversi rispetto a quelli europei, potrete rendervi conto dell’enorme rilevanza climatica. Ecco un’immagine molto esemplificativa del drammatico evento, accaduto:

Concludiamo questa riflessione con i dati sconcertanti dell’inverno 2019-2020 consultabili sul sito 3BMeteo. Il grafico illustra molto bene la tendenza progressiva che sta caratterizzando sempre più palesemente i nostri inverni, nell’emisfero nord:

Il grafico rappresenta l’andamento delle temperature nel periodo che va da Dicembre a Febbraio, estremi compresi, su tutto il nostro emisfero. Notiamo come sia più che evidente una tendenza ad un sensibile aumento termico, soprattutto a partire dalla fine degli anni 90, e ancor più dai primi 2000. Per quanto riguarda il 2019-2020, i dati dicono questo: la temperatura media di tutte le terre emerse nell’emisfero nord, nell’arco temporale considerato (Dicembre-Febbraio), ha registrato un incremento di +2,3°C, battendo il precedente aumento registrato durante l’annata 2015-2016, quando si registrò un +2,28. Addirittura, se restringiamo il campo d’indagine al solo continente europeo, l’incremento della temperatura risulta essere di +3,29°C ed in virtù di questo dato, possiamo catalogare il passato inverno come quello più caldo di sempre. 

Questi dati sono stati raccolti e resi pubblici dal Nooa, l’amministrazione nazionale oceanica ed atmosferica statunitense che studia climatologia, meteorologia e oceanografia, quindi sono attendibili al 100% e non lasciano nessuno spazio a dubbi o messe in discussione. Il trend è molto chiaro e direi preoccupante: eventi estremi che si ripresentano con maggiore frequenza e violenza, riscaldamento dei mari, aumento termico globale più che evidente (alla faccia qualche presidente americano che crede di poter negare i cambiamenti climatici o il quadro di Global Warming, a causa della errata confusione tra i due concetti di “clima” e “meteo”). Vi faccio notare come, nonostante questo trend al rialzo termico, abbiamo visto anche qualche ondata di freddo invernale notevole sul nostro continente e anche sulla penisola italiana: vi ricorderete il febbraio 2012, oppure il dicembre gennaio 2010 con le copiose nevicate anche in pianura. Però, come si suol dire “una rondine non fa primavera”, così un episodio singolo di freddo e neve, non significa necessariamente inversione di un trend che sembra ormai consolidato. 

Cosa ci dobbiamo aspettare per il futuro? Io trasformerei questa domanda in un’altra: cosa possiamo e dobbiamo fare per assicurarci un futuro sostenibile. Vorrei suggerire alcune proposte, alcune banali ma che è bene ripetere perché forse non tutti lo hanno compreso:

  • Riduzione drastica delle emissioni di Co2 nell’atmosfera
  • Combattere a tutti i costi l’ignoranza negazionista dei cambiamenti climatici, iniziando ad agire sulle giovani generazioni fin dalla scuola primaria, con inserimento nei curricoli scolastici di ore dedicate appositamente all’educazione climatica ed ambientale. Clima e Ambiente sono due temi distinti ma interrelati in maniera nettissima. Ma per fare questo servono docenti formati adeguatamente e quindi
  • Istituzione da parte del Miur, di corsi di formazione e aggiornamento su queste tematiche, coinvolgendo direttamente esperti certificati di climatologia e meteorologia, che andrebbero invitati anche nelle classi delle scuole secondarie di secondo grado: penso soprattutto al secondo biennio e all’ultimo anno
  • Prendere maggiore consapevolezza dell’esistenza di una cultura meteorologica corretta e fondata sui contributi di esperti certificati, in opposizione ad una falsa cultura fondata e divulgata da siti e individui non competenti in questo settore

A buon intenditor, poche parole, ma il tempo che rimane per invertire la rotta si sta inesorabilmente riducendo. Dobbiamo agire ora, ma con agire intendo la dimensione pratica, dei fatti, non degli annunci da campagna elettorale. E soprattutto, ci dobbiamo acculturare maggiormente su questo tema per non restare avvinghiati nella rete delle fake news.

Pierfrancesco Lanzillotta

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