Karim Bamba e Zohra Shah

ZOHRA SHASH: la domestica di 8 anni torturata fino alla morte per aver liberato due pappagalli

Aveva otto anni la bambina morta per aver liberato una coppia di uccellini “ costosi”. 

Originaria della città di Kotaddu, provincia del Punjab, quattro mesi fa ha dovuto abbandonare casa sua per cercare lavoro e aiutare la sua famiglia molto povera.

Badare al figlio di un anno di una famiglia facoltosa di Rawalpindi, città del Pakistan, e fare la domestica sembra la scelta ottimale, l’occasione di una vita. Soprattutto se questa famiglia le promette di provvedere alla sua istruzione e di realizzare I suoi sogni.

E invece, in quella casa, Zohra ha trovato la morte per aver liberato due pappagallini rinchiusi in gabbia. Forse è stato solo un incidente o un gesto dettato da una fortissima sensibilità e amore per la vita.

Una decisione che ha scatenato l’ira dei padroni di casa, Hasan Siddiqui e la moglie Umm Kulsoom, che hanno picchiato e torturato la piccola fino a ridurla in fin di vita. 

Dalle testimonianze dei vicini si apprende che hanno continuato a colpirla con violenza inaudita, nonostante le grida e le suppliche.

Una volta scemata la rabbia, la coppia l’ha abbandonata in ospedale, dove Zohra si è spenta poco dopo nonostante il prodigarsi dei medici che hanno avanzato la tremenda ipotesi che la bambina possa anche essere stata vittima di un’aggressione sessuale, a causa delle ferite riscontrate sulle cosce.

KARIM BAMBA: IL BAMBINO UCCISO DALLA POVERTÀ

Esatto. Accade ancora adesso che la vita di un bambino venga stroncata troppo presto: per la guerra, per la cattiveria dei più grandi, per la povertà.

Karim Bamba è morto, ucciso proprio da quest’ultima: per il desiderio di recuperare qualche vestito usato dal cassonetto degli abiti dimessi.

Papà ivoriano e mamma palermitana, aveva  10 anni ed era il secondo di cinque figli.

Cresciuto in strada assieme ai suoi fratelli, viveva assieme alla sua famiglia in un bilocale dietro il municipio. Non avevano nemmeno una porta: ostruivano l’ingresso con una montagna di vecchie tv, biciclettine, borse piene di cianfrusaglie. E una scarpetta da bambino spaiata.

Karim girava scalzo, a volte nemmeno con degli abiti adatti per coprirlo dal freddo.

Anche quando si è trovato schiacciato in mezzo allo sportello del cassonetto della Caritas: si era arrampicato nella speranza di trovare qualcosa per sé o per la sua famiglia.

Nessuno ha assistito alla tragedia, tranne una donna che, passando per Viale Montegrappa, ha notato le gambe esili immobili di Karim.

Viale Montegrappa, esatto, a Boltiere provincia della Bassa bergamasca. Non in Africa o nei famigerati “ paesi del terzo Mondo”. In Italia.

Per estrarlo sono dovuti intervenire I vigili del fuoco e, nonostante l’immediato soccorso dei medici, non ce l’ha fatta: Karim è morto la sera stessa.

La sua morte ha scosso l’intera comunità che lo ricorda come “ il bambino che era sempre fuori con un papà assente e lontano”.

22 maggio. Addio Karim, possa tu ora non soffrire più il freddo e il dolore di una società che si è accorta di te troppo tardi.

Riposa in pace.

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