#blacklivesmatter (#womenslivesmatter too). Riflessioni amare sull’umanità 

In questi giorni sto preparando un esame di Antropologia. E contemporaneamente è scoppiata una rivolta in America per i diritti dei neri. L’ennesima, per la veritá, dato che negli Stati Uniti si sono susseguiti scioperi, scontri e proteste dagli inizi dell’800 quando ancora si lottava per l’abolizione della schiavitù negli Stati del Sud.

Ed io mi ritrovo qui con gli strumenti teorici che sono molto più facili da applicare nella mia testa che nella realtà. Ma bisogna provarci e in tanti per fortuna ce la stanno mettendo tutta: grazie agli strumenti di comunicazione, ai Social Media e alle proteste in strada con cartelloni e striscioni.

La cosa che più mi tocca è il ripetersi infinito della storia, come se essa fosse soggetta allo scorrere delle mitiche età descritte dagli antichi Greci, solo che è tutto in negativo. Quindi non sono più “età dell’oro”, “età del bronzo”, “età degli eroi”…ma è come se questo ciclo ci riportasse continuamente all’età del ferro, cioè il momento culminante prima della fine dell’umanità.

E i protagonisti siamo sempre noi, esseri umani. Stavo leggendo un libro, “Donne, razza e classe” scritto da Angela Y. Davis, un’ attivista nera statunitense che con la sua chioma da leonessa ha imposto la sua voce coraggiosa nelle battaglie contro il razzismo e il sessismo dagli anni ’70. Il libro, uscito nel 1981, tratta in particolare della situazione delle donne di colore negli Stati Uniti durante e dopo la fine della schiavitù ma tocca anche temi fondamentali come la lotta contro gli stereotipi e i falsi miti che sopravvivono ancora oggi e cita tanti uomini e donne che si sono impegnati per la lotta della parità tra uomini e donne e tra esseri umani in generale.

Meglio 100 persone che combattono imperfettamente che una persona che si batta impeccabilmente ma completamente da sola.Perché ciascuno di noi è incline a cadere nelle trappole mediatiche o negli stereotipi, così difficili da eliminare. E Angela ricorda nuovamente quanto sia stato fondamentale il ruolo delle donne in queste battaglie. Teniamo sempre a mente che razzismo e sessismo non sono insite geneticamente nell’uomo, sono soltanto un prodotto culturale negativo dell’uomo che si è andato a creare con il tempo,un pezzetto alla volta. Come anche il termine “razza” non sta ad indicare un qualcosa che esiste veramente. È soltanto una categoria mentale per semplificare la ben più complessa realtà.

Nessuno di noi è veramente “puro” razzialmente, essendo ciascuno di noi un bellissimo ibrido di popolazioni diverse che nel corso della storia si sono mescolati continuamente. La famigerata e idealizzata fratellanza tra uomini è veramente possibile dopo che si comprende questo concetto. Cosi, ciò per cui si battevano nella metà dell’800 è la stessa cosa per cui si batteva la Davis dagli anni ’70 in poi ed è ciò per cui ci battiamo ancora adesso. Ha dell’incredibile no? Nel 1977, un collettivo di femministe nere afroamericane, le “Combahee River Collective”, pubblicarono il manifesto del loro gruppo. Esse affermano molto coraggiosamente di essere una casta doppiamente oppressa: esse sono donne,e quindi affette da sessismo da parte di uomini sia bianchi che di colore, e oppresse razzialmente insieme ai loro uomini neri.

Difatti il loro motto era ” lottiamo a fianco degli uomini neri contro il razzismo, pur lottando contro di loro riguardo al sessismo”. Perciò sentirono l’esigenza di creare un collettivo proprio che si distanziava dai collettivi di femministe bianche. Ancora oggi, donne come Chimamanda Ngozie Adichie, scrittrice nigeriana di tematiche femministe, sentono l’urgenza di difendere la propria gente per questioni razziste pur denunciando la cultura sessista proprio di tutti o quasi i paesi del mondo. In trattati come “Dovremmo essere tutti femministi” del 2014 (quando stava nascendo il ben noto fenomeno del #Metoo) e “Come crescere una bambina femminista” (e io aggiungerei, anche un bambinO) del 2017, Chimamanda espone molto semplicemente ciò a cui ogni donna va incontro nella sua vita. E Chimamanda fa bene a dire che nessuno dovrebbe vergognarsi di essere femminista perché lo si può essere anche se si amano i trucchi, i tacchi e il calcio. Finisco con pezzo di una canzone di Angèle che riassume bene il problema. Balance ton quoi “…Les gens me disent à demi-mot Pour une fille belle t’es pas si bête Pour une fille drôle t’es pas si laide Tes parents et ton frère ça aide Oh, tu parles de moi C’est quoi ton problème?…” 

 

Elisa Cavini

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