Pandemie e distruzione degli ecosistemi: un legame profondo

“Là dove si abbattono gli alberi e si uccide la fauna, i germi del posto si trovano a volare in giro come polvere che si alza dalle macerie.”

David Quammen – Spillover

 

David Quammen, scrittore e divulgatore scientifico americano, prevedeva già nel 2012, con la pubblicazione del libro “Spillover. L’evoluzione delle pandemie”, che la successiva grande pandemia globale dopo la SARS sarebbe stata probabilmente causata da un virus zoonotico (che passa dall’animale all’uomo), a seguito di un contatto forzato tra esseri umani ed animali, forse all’interno di un mercato di animali selvatici. Tutte queste ipotesi si sono purtroppo avverate con la diffusione del virus SARS-CoV-2, originatosi nel grande mercato di animali selvatici di Wuhan, in Cina. Chiaroveggenza? Quammen, intervistato negli ultimi mesi dai media di tutto il mondo, sostiene di essersi limitato ad ascoltare gli esperti, che da tempo sottolineavano come la diffusione di nuove pandemie fosse strettamente collegata all’alterazione degli ecosistemi.

Con le proprie attività, infatti, gli esseri umani hanno alterato i tre quarti delle terre emerse e i due terzi degli oceani. Dagli anni duemila si parla di una nuova epoca geologica, denominata Antropocene, in cui l’ambiente terrestre viene fortemente condizionato dagli effetti dell’azione umana. Molte delle malattie emergenti non sono eventi casuali, ma rappresentano la conseguenza del nostro impatto sull’ambiente ed arrivano a condizionare non solo la salute pubblica, ma anche la situazione socioeconomica mondiale.

Come sottolineato dal report del WWF “Pandemie e distruzione degli ecosistemi”, più alteriamo gli ecosistemi, all’interno dei quali i virus esistono senza provocare alcun danno all’uomo, più smuoviamo i virus stessi dai loro ospiti naturali e ci “offriamo” come ospiti alternativi. Prendiamo come esempio la distruzione delle foreste: all’interno di esse si trova l’80% della biodiversità terrestre, tra cui virus, batteri e parassiti, alcuni dei quali ancora ignoti. La deforestazione, per esempio con lo scopo di espandere i terreni coltivabili, porta la popolazione umana ad un contatto molto più ravvicinato con questi organismi, facilitandone la diffusione e provocando, in alcuni casi, il salto di specie dei patogeni in essi presenti. Anche l’uccisione ed il consumo di animali selvatici espone l’uomo ad agenti patogeni: le epidemie di Ebola, per esempio, sono da ricollegarsi al consumo di bushmeat (carne di scimmie) contaminata. Un altro esempio, molto vicino a noi, è quello degli allevamenti intensivi di bestiame, dove l’elevata somministrazione di farmaci negli animali provoca la comparsa di nuovi ceppi di batteri resistenti agli antibiotici (Salmonella, Escherichia coli).

A peggiorare la situazione si aggiunge il nostro stile di vita estremamente globalizzato ed interconnesso: un virus che entra nell’uomo ha una popolazione di quasi otto miliardi di individui in cui diffondersi, e in breve tempo può spostarsi da un estremo del pianeta all’altro, “viaggiando” su treni e aerei, senza curarsi dei confini geografici.

Quammen sostiene che avremmo dovuto essere pronti a fronteggiare una crisi come quella che stiamo vivendo, perché segnali allarmanti erano già presenti, ma non sono stati ascoltati. Inoltre, non sono stati fatti investimenti concreti nella sanità, né in politiche ambientali per la salvaguardia degli ecosistemi più a rischio.

Quest’epidemia ci ha ricordato qualcosa che forse non eravamo più abituati a considerare: siamo parte di un unico grande sistema e la nostra salute è legata indissolubilmente alla salute dell’intera Terra. Solo ricostruendo gli ecosistemi degradati e proteggendo quelli intatti saremo in grado di evitare future pandemie.

Alice Archiani

 

Fonti
David Quammen intervistato dal National Geographic Italia durante l’Earth Day.
Report WWF 2020 “Pandemie e distruzione degli ecosistemi”. https://www.wwf.it/pandemie_e_distruzione_degli_ecosistemi.cfm
Articolo di Alessandro Sala sul Corriere della sera “Coronavirus e altre epidemie: perché sono legate ai cambiamenti climatici e alla perdita di biodiversità.”
https://www.corriere.it/animali/20_marzo_17/coronavirus-altre-epidemie-perche-sono-legate-cambiamenti-climatici-perdita-biodiversita-da0878c0-6862-11ea-9725-c592292e4a85.shtml

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