Perchè il prezzo del petrolio è finito sotto zero?

Per capire al meglio le dinamiche legate alla caduta del prezzo del petrolio bisogna comprendere il meccanismo alla base dello scambio di questa materia prima sui mercati finanziari, che generalmente viene comprata/venduta attraverso i contratti futures.

Vediamo in breve che cos’è un futures.

“Il future è un contratto derivato negoziato su mercati regolamentati mediante il quale acquirente e venditore si impegnano a scambiarsi una determinata quantità di una certa attività finanziaria o reale (detta attività sottostante o underlying asset) a un prezzo prefissato e con liquidazione differita a una data futura prestabilita. È un contratto simmetrico in quanto entrambi i contraenti sono obbligati a effettuare una prestazione a scadenza.
L’operatore che acquista il future (che si impegna, cioè, ad acquistare a scadenza il sottostante) assume una posizione lunga (long), mentre l’operatore che vende il future assume una posizione corta (short).
L’attività sottostante (underlying asset) di un future può essere un’azione, un’obbligazione, un tasso di interesse a lungo termine, un tasso a breve, una valuta, un indice azionario o una merce (commodity).
La dimensione del contratto definisce l’ammontare che il venditore dovrà consegnare al compratore per ogni contratto stipulato.”
(Fonte: Borsa Italiana SpA).

Ad oggi, le due tipologie di petrolio più rilevanti a livello internazionale vengono quotate sui mercati finanziari come Brent e Wti.
Il WTI rappresenta il petrolio prodotto in Nord e Sud America mentre il Brent è prodotto in Europa, Russia, Medio Oriente e Africa (in conclusione, è importantissimo perché è il banchmark del petrolio negoziato in Europa).

Questi due indici rappresentano anche due tipologie di petrolio molto diverse anche in termini di qualità (il Brent è migliore) e metodi di estrazione (anche in base alle caratteristiche geologiche e tecniche) che si riflettono dunque in una diversa configurazione e ammontare dei costi fissi e variabili per l’attività nel suo complesso.

Il petrolio “crollato” ieri non è quello di tutto il mondo ma solo quello americano (WTI).
La configurazione dei costi d’estrazione di questo particolare petrolio e il brusco crollo della sua domanda (effetti CORONAVIRUS: meno fabbriche che producono, crollo domanda del cherosene, automobili ferme ecc) ha creato un forte crollo del suo prezzo.
Il petrolio americano viene infatti prodotto senza interruzioni (sarebbe più costoso chiudere la propria attività che fermarsi in questo momento o trovare depositi adeguati) e i produttori, per proteggere i propri profitti ricorrono all’utilizzo degli strumenti derivati (in questo caso, futures).

Attraverso questi contratti, le società che si occupano dell’estrazione petrolifera possono vendere in anticipo i propri barili di petrolio in base alla domanda stimata (sulla base anche di dati storici, dei progetti futuri dei compratori e degli andamenti generali del mercato) e che di conseguenza si impegneranno a produrre durante un determinato periodo di tempo. La società vende i propri barili in anticipo, fissandone il prezzo, l’effettiva data di consegna e il luogo dove il compratore ritirerà la merce (Il WTI viene scambiato in una zona di Cushing in Oklahoma) e successivamente posizionerà in un deposito da lui scelto (per la successiva lavorazione, raffinazione, stoccaggio, trasporto ecc).
L’eccessivo crollo della domanda, ha portato gravi difficoltà per i compratori di petrolio i quali non sanno dove depositarlo perché, logicamente tutti i depositi sono già pieni.

In questo caso si può dunque facilmente dedurre che siamo in una situazione particolarissima: eccesso di offerta petrolifera rispetto alla domanda.

Ma cosa possono fare i compratori, se hanno già i depositi pieni?
2 cose:

1. Andare a ritirare effettivamente i barili acquisitati attraverso i contratti futures. Di conseguenza, “affittare” con un prezzo carissimo qualche deposito (rarissimi) già libero.
2. Oppure, vendere il contratto a qualcuno che magari ha “spazio” nei propri depositi e che possa ritirare al posto suo, i barili di petrolio.

La maggior parte dei compratori hanno preferito vendere i contratti futures in proprio possesso e questo permette di comprendere la dinamica sottostante alla caduta del valore dell’indice di riferimento.

Se la domanda di petrolio non dovesse ritornare a livelli normali e i depositi dovessero continuare a scarseggiare, sicuramente la situazione potrebbe peggiorare.

È lecito chiedersi il motivo di un brusco crollo del WTI e non del Brent (che sicuramente è crollato rispetto ai valori normali, ma non fino valori negativi). Per rispondere a questa domanda, ci possiamo ricollegare a quanto riportato nel l’introduzione; il petrolio estratto in Europa, Russia e Medio Oriente ha una qualità superiore e modalità di consegna-trasporto diverse, oltre che una varietà più ampia di compratori). Questa tipologia di petrolio può essere trasportata con le petroliere in modo più dinamico, rispetto quello americano che viene estratto, lavorato e successivamente quasi esclusivamente usato da società USA.

Sicuramente il crollo del prezzo del petrolio è determinato anche da altri fattori come i rapporti conflittuali tra i maggiori produttori di petrolio, tutto il sistema legato ad altri strumenti derivati come gli swaps e ovviamente, le forti incertezze legate all’eventuale proroga del lockdown, in diversi Stati del mondo.

Per finire il ragionamento, bisogna sapere che la maggior parte dei contratti futures sul petrolio vengono comprati/venduti circa con scadenza mensile. I contratti che devono scadere prossimamente (per esempio, quelli di Giugno) hanno ancora un valore abbastanza sostenuto (nessuno è corso a venderli) perché appunto scontano un’eventuale ripresa dell’economia e una lieve speranza legata a un lento ritorno alla situazione pre-pandemia.

 

Almas Pervez

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