SILENA. Il mostro

SILENA

Parte seconda: Il Mostro

Il bagno era il suo posto preferito. Poteva stare lì per tutto il tempo che voleva. I suoi figli non l’avrebbero disturbata e suo marito non avrebbe mai osato entrare mentre lei era dentro. Inoltre, il rumore della doccia avrebbe coperto i suoi singhiozzi e il vapore avrebbe impedito che i suoi vicini la osservassero e si prendessero gioco di lei. La spiavano, lo sapeva. Si divertivano a scattarle foto, che commentavano poi seduti davanti al loro stupido caminetto in salotto, la seguivano quando andava al mercato e, in particolare, la vecchia dirimpettaia la copiava nel vestire e nelle movenze.

Lucilla lo sapeva, ma li lasciava fare.

Anche adesso, che era seduta sulla tavoletta del water con un bicchiere di vino in mano, sapeva che la stavano osservando ben nascosti dietro le tendine della finestra al secondo piano.

Non importava che ora segnassero gli orologi o se fuori fosse notte fonda o l’aurora, I suoi vicini erano sempre lì, pronti a catturare ogni suo movimento.

Loro credevano che lei non se ne rendesse conto, ma li vedeva. Vedeva le sagome muoversi furtivamente dietro il tessuto e se si concentrava poteva quasi sentire le risa soffocate.

Sospirò teatralmente. Poverini, si erano totalmente rimbambiti con l’età. Li compativa e quasi le dispiaceva per loro.

Bevve un sorso.

Un altro motivo per cui il bagno era il suo posto preferito, era perché aveva lo specchio e poteva rimirarsi tutte le volte che voleva. Era ancora una bella donna, nonostante le zampe di gallina attorno gli occhi e quei maledetti fili bianchi tra I capelli. Lo sapeva e poi suo marito non si stancava mai di ripeterglielo, prima di dormire. Un buon uomo, davvero.

A volte, però, succedeva che lo specchio si burlasse di lei restituendole un’immagine distorta della realtà. E allora si arrabbiava, perché lei non era così. Non aveva I fianchi così larghi, le sue mani non erano piene di macchie dell’età e le sue labbra non erano secche e screpolate.

Lei era bellissima, sempre e nonostante tutto.

Iniziò a formicolarle un piede. Era rimasta seduta troppo a lungo.

Lucilla decise di alzarsi; dopotutto aveva altre cose da sbrigare.

Posò il bicchiere ancora pieno sul lavandino, si sistemò il rossetto ( quella volta lo specchio era stato bravo, non aveva cambiato la sua immagine a piacimento) e con una mezza giravolta lasciò il bagno, non senza aver soffiato prima un bacio volante dalle dita ai suoi cari vicini.

Julien sbatté le palpebre, mentre il sole del primo pomeriggio filtrava dalle persiane socchiuse.

Aveva dormito tanto, gli faceva male la testa.

Aveva sognato sua sorella. Di nuovo. Anche se non ricordava bene I dettagli, sapeva che ero lo stesso sogno che faceva da un mese ormai. Dal giorno dell’incidente.

Si portò sul bordo del letto e lasciò cadere un braccio a penzoloni, sfiorando con la punta delle dita la moquette. Gli venne in mente che forse avrebbe dovuto spazzare e pulire camera sua, ma non ne aveva voglia. Non aveva voglia di fare niente ormai.

I suoi giorni si susseguivano tutti uguali. Dormiva per la maggior parte del tempo, a volte si alzava. Non mangiava.

La zuppa di verdure che gli aveva preparato Rosalie una settimana prima era ancora sulla scrivania.

Anche I biscotti al cioccolato che gli aveva portato il papà erano ancora nella loro confezione, perfettamente intatta.

Alla fine lui lo aveva perdonato, non come la mamma: lei ce l’aveva ancora con lui e più di una volta era stata sul punto di scagliarglisi contro e picchiarlo. Era successo un paio di giorni dopo l’incidente di Silena. Papà era salito in camera, si era seduto sul letto e aveva iniziato a parlare. Gli aveva chiesto scusa e gli aveva promesso che lo avrebbe protetto. Poi lo aveva abbracciato. Julien ricordava quell’abbraccio come il più bello che avesse mai ricevuto, infatti subito dopo era scoppiato in lacrime.

Aveva urlato, gridato fino a graffiarsi la gola, e il papà lo aveva lasciato sfogare tenendolo stretto contro il petto, come se temesse di vederlo ridursi in frantumi da un momento all’altro.

Solo che non sapeva che, in realtà, di Julien, del suo ometto, non restava più nulla. La sua vita era scoppiata come una bolla di sapone nell’esatto momento in cui sua sorella era stata sbalzata in aria da una macchina.

Sentì il campanello suonare, ma neanche allora si mosse.

Probabilmente era solo Rosalie, tornata con la sua ennesima zuppa di verdure e le sue caramelle.

Julien l’aveva odiata all’inizio, ma ora non più. Non aveva la forza di odiare o provare altri sentimenti.

Si girò sulla schiena, puntando lo sguardo sul soffitto.

Solo in quel momento si accorse della sensazione di fresco nei pantaloni.

Non ebbe nemmeno il bisogno di controllare. Sapeva di aver bagnato il letto. Ancora una volta.

Non fu Rosalie quella che suo padre accolse all’ingresso ma una donna più anziana e con un sorriso gentile, che si presentò come Laura. Era un’altra psicologa e disse che sostituiva la sua collega perché ” aveva dei problemi”.

A Julien importava poco. Si era cambiato i vestiti, aveva pulito e si era seduto al tavolo della cucina con un foglio di carta e un paio di pennarelli, pronto a disegnare “la sua giornata” o “i suoi sogni” come gli chiedeva sempre Rosalie.

Per questo si stupì quando Laura si sedette al suo fianco e stracciò il foglio.

<< Ciao Julien. Come stai?>> aveva una voce morbida.

Lui la fissò a lungo, senza dire niente. Aveva lunghi capelli argentei raccolti in una grossa crocchia sulla nuca e occhiali piccoli che le scivolavano di continuo sulla punta del naso. Aveva una ruga collegata a ogni espressione facciale. Gli venne quasi voglia di spianarle il viso con del nastro adesivo.

Distolse immediatamente lo sguardo e lo puntò sulle vecchie converse.

Non si dicono queste cose…

Laura lo osservò senza dire più nulla.

I minuti passarono lenti. Julien continuava a tenere ostinatamente gli occhi abbassati e la psicologa a stare in silenzio. A volte giocava con una penna a sfera, sistemava gli occhiali e intrecciava le dita. Ma, cosa più importante, non scriveva nulla.

Julien la spiava di sottecchi e la cosa gli fece piacere. Non era come Rosalie, che non alzava mai la testa dalla sua agenda rossa.

Poi, all’improvviso, qualcosa dal fondo della sua gola si sbloccò.

<< Mi manca…>> fu poco più di un sussurro, buttato fuori dalle labbra, ma Laura lo udì lo stesso.

Accennò un sorriso << Ah sì? Andiamo a trovarla.>>

Julien la guardò confuso. I medici avevano detto che ai bambini non era permesso entrare nella stanza di sua sorella. Poteva solo salutarla dietro il vetro.

Ancora una volta, le parole gli sfuggirono dalle labbra << I dottori dicono che non si può…>>

<< Davvero? Mmh …>> fece Laura dubbiosa, poggiando I gomiti sul tavolo e prendendosi il mento nelle mani a coppa.

Julien la fissò sconvolto. A sua madre sarebbe venuto un colpo se l’avesse vista in quella posizione. Ricordava ancora la punizione che si era preso lui quando lo aveva fatto: aveva portato i segni delle cinghiate sulla schiena per quasi un mese, inventandosi, quando i suoi compagni di calcetto gli avevano chiesto che cosa fosse successo, di essere scivolato nell’alcova del camino mentre le braci erano accese.

Eppure non ebbe il coraggio di farglielo notare. Anzi, senza rendersene conto si avvicinò al tavolo e la imitò.

Per un attimo il suo cuore tremò di paura, sapeva che sua mamma e suo papà erano dietro la porta ad origliare, ma passò in fretta. Qualcosa gli diceva che con Laura vicino non gli sarebbe successo niente di male.

<< Non ci credo sai? >> continuò la donna << I dottori dicono spesso tante cavolate. Devono farsi vedere belli e forti>> gli strizzò l’occhio.

Julien inclinò la testa.

<< Allora che dici, vogliamo andare a salutare Silena?>>

<< Sì! >> Il grido gli sfuggì dalle labra. << Per favore… >> aggiunse in sussurro.

<< Mamma …>> s’interruppe prima di dire l’irreparabile e le sue mani corsero alla bocca, tappandola con forza.

No, no!

Laura inarcò un sopracciglio e si fece improvvisamente più attenta << Vuoi dirmi qualcosa?>>

Julien scosse con violenza la testa, le dita che gli artigliavano le guance e negli occhi, il terrore più profondo.

La donna si guardò un attimo attorno, prima di inginocchiarsi davanti a lui e poggiargli I palmi sulle ginocchia.

<< Ti va se facciamo un gioco? Io ti racconto un mio segreto e tu, se vuoi, fai lo stesso. Inizio io: ho paura del buio. Così tanta che a volte me la faccio nei pantaloni. Oppure …>>

Senza mai interrompere il suo monologo, gli abbassò lentamente le mani dal viso e le strinse tra le sue. Julien la lasciò fare, quasi non rendendosene conto.

Laura aveva una voce così dolce, così calda. Non come la mamma che urlava sempre.

Forse  gli voleva bene, forse non si sarebbe arrabbiata se le avesse confidato il suo segreto.

Spinto dal desiderio di essere capito, iniziò a parlare. Le raccontò che faceva incubi, che urlava di notte ma che nessuno veniva a consolarlo. Perché era la sua punizione. Mamma diceva sempre che era colpa sua se Silena aveva fatto l’incidente, che lui l’aveva uccisa.

Ma non era vero. Lui voleva solo vedere una cosa al negozio. Era stata sua sorella che lo aveva seguito …

Uno scalpiccio alla porta fece alzare a entrambi la testa.

Un istante dopo, sua madre entrò come una furia nella cucina e gli si lanciò contro.

<< Bugiardo!>> strillò spingendolo dalla sedia << Sei un mostro! Hai ucciso la mia bambina! Mostro!>>

Julien si tirò su e si appiattì tremante contro il muro, mentre suo padre si precipitava dentro e Laura scattava in piedi.

<< Signora, si calmi!>>

Lucilla si voltò furibonda verso di lei << Non dirmi cosa devo fare! Fuori da casa mia! Fuori, fuori!>>

Laura non si scompose << Parliamone un attimo, signora …>>

Fu solo l’intervento di Joseph che trattenne la moglie, a impedirle di scagliarsi anche contro la psicologa.

<< Basta, Lucilla! Stai esagerando. Vieni andiamo di là… ti faccio un tè, ti va?>>

<< No! Finché quest’arpia non sparisce dalla mia vista! >>

Joseph l’abbraccio stretta, finché le sue urla non divennero mormorii confusi e lei non smise dimenarsi.

Fu in quel momento che Julien decise di intervenire. Forse lo avrebbe ascoltato, ora che si stava calmando. Si staccò dalla parete e azzardò un passo verso I suoi genitori.

I singhiozzi di paura gli squassavano la gabbia toracica, ma riuscì comunque a dire qualcosa

<< Mamma …>>

Quella parola, però ebbe l’effetto di accendere nuovamente la furia di sua madre.

<< Non chiamarmi così! Io non sarò mai la madre di un assassino. Tu non sei mio figlio. Hai ucciso la mia bimba!>> Si agitò tra le braccia di Joseph << Lasciami! Giuro che se ti prendo ti rovino.>>

Laura si spostò di scatto, frapponendosi tra lei e il bambino, mentre con una mano cercava di tenerlo lontano.

Julien però sfuggì alla sua presa e tentò di avvicinarsi nuovamente ai suoi genitori, ma quando suo padre gli intimò di stare fermo al suo posto, si immobilizzò e urlò frustrato.

<< Non ho ucciso Silena! Silena è viva. Io lo so! È viva!>>

Lucilla lanciò un grido acuto << Non osare! Ti ammazzo, ti ammazzo. Giuro che ti ammazzo!>> si dimenò con più ferocia, menando pugni e calci per aria.

Il suo cuore sembrò fermarsi per un attimo. Julien la fissò sconvolto, le lacrime cristallizzate lungo le guance. Poi, senza indugiare, si voltò e fuggì via.

Nelle orecchie, il rimbombo delle minacce di sua madre.

 

La storia continua …

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