Sodade

L’ afro-jazz dai tratti latini e la profonda, suadente voce di Cesària Èvora danno corpo e anima a testi tipicamente blues. La nostalgia delle parole viene sorretta da chitarre pizzicate, mentre le percussioni dipanano nell’atmosfera le radici popolari di un canto intimo, unico. I versi sono un autoritratto disincantato e libero, sprigionante calore e anima. E’ una musica la cui forza intrinseca è figlia della necessità e delle difficoltà, dalle quali è nata come un fiore nel deserto.

I ritmi incalzano dolcemente le strofe in un sinuoso inseguimento tra parole, violini e fisarmoniche; il tutto è una danza che si perde fra i vicoli stretti di Capo Verde, nel desiderio cosmopolita della musica.

Cesària Èvora nasce il 27 agosto 1941 a Mindelo. La sua patria sono dieci isole bagnate da un azzurro cristallino in pieno Oceano Atlantico, a cinquecento chilometri dal Senegal, dove macchie verdi della vegetazione  contrastano con un suolo riarso e arido come le vicende politiche che accompagnano le travagliate realtà coloniali.

“Terra pobre chei di amor… terra povera, piena di amore”: il creolo portoghese parlato dagli abitanti dell’arcipelago ricorda la storia comune del continente africano, quella di un passato forzatamente occidentale.

Cesària Èvora è figlia di quella terra. Privata del padre in giovane età, eredita una situazione economica disagiata. Cresce dunque in orfanotrofio: lì ha la possibilità di cantare nel coro, ed è allora che scopre di possedere una voce unica, regina. Dopo più di trent’anni bui e di malessere personale, inevitabilmente segnati dall’instabilità sociale capoverdiana, la fama internazionale la scopre nel 1988 con la pubblicazione de “La diva aux pieds nus”.

Francia, Gran Bretagna, Brasile, Italia, Stati uniti: tutti i concerti di Cesària Èvora sono unici, come lei d’altronde. Il suo presentarsi sul palcoscenico scalza è simbolo di un legame con la musica tale da eliminare ogni impedimento. Il suo stile è sintesi perfetta fra il timbro di Billie Holiday e il romanticismo di Charles Aznavour. La performance senza nemmeno un’esitazione, semplicemente brillante. Così le storie che rivivono nelle sue canzoni si susseguono, viaggiano fra le menti del pubblico e lo accompagnano in un mondo che pare dipinto su tela e stupendamente bohémien. Cafè Atlantico, uno dei suoi album più ricchi di identità, racconta proprio di questo mondo impolverato, gracchiante come un vecchio giradischi, ma talmente vivo e palpitante che si è lieti di smarrirsi in esso.

Il 17 dicembre 2011 Cesària Èvora si spegne nella terra che le ha dato vita, che le ha tolto tanto e le ha restituito tutto. La terra cantata, vissuta, raccontata nei versi di una carriera da protagonista. Una terra la cui esatta essenza si respira nelle canzoni di Cesària come nei café capoverdiani della sua Mindelo, monile sperso nell’oceano.

Alessandro Stefani

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