Strappo alla regola

(Tratto dal Blog https://mihannofregato.home.blog/2020/03/12/strappo-alla-regola/)

 

Non sono fino ad ora comparsi in questo blog articoli riguardanti fatti di attualità o almeno che ne parlino direttamente. La scelta è sempre stata dettata dal fine ultimo di ogni articolo, ovvero la durevolezza. Non mi è mai interessato sprecare parole che potessero scadere o appassire dopo pochi giorni. Mio malgrado, in questo preciso momento, un virus maledetto occupa la scena sia come protagonista, sia come comparsa, sia come sfondo scenico. Dunque è molto complicato non parlarne. In tal senso questo articolo rappresenta uno strappo alla regola della durevolezza e forse le parole che seguiranno non potranno essere estese ad altri contesti. Almeno non credo e certamente non spero possano esserlo.

Umberto Eco è in buona misura l’ispiratore di questo blog e comincio ancora una volta sulla sua scia. In alcuni dei suoi studi, il professore si era occupato di come nei passaggi epocali, ovvero ogni volta che siamo costretti a riconoscere un prima ed un dopo rispetto ad un avvenimento, ci si debba sempre occupare di cosa portare di là e cosa invece dimenticare e lasciare indietro. Sicuramente questo sarà uno di quei passaggi. Ci sarà un prima ed un dopo rispetto alla pandemia con cui abbiamo a che fare oggi. Qualche orgoglioso ritardatario ci metterà solo un po’ di più ma a quanto pare in ogni continente si fermeranno pressoché tutti, resteranno tutti accalcati, spingendosi all’indietro a denti stretti, aspettando che passi la piena, sperando di bagnarsi solo le punte dei piedi, per poi contare i danni e ripartire. Cosa ci porteremo dunque nel dopo, una volta ripartiti?

Forse fingeremo di dimenticarci di tornare a stringere la mano, coglieremo l’occasione per istituzionalizzare le distanze di sicurezza anche dopo l’emergenza, così da non doversi più vergognare di tenere lontani quelli che non ci piacciono. Forse dovremmo rivedere alcuni concetti, ad esempio mi viene in mente quello di successo. È abbastanza comune ritenere che il successo (raggiunto con mezzi legali e non ereditari) si ottenga tramite posizioni professionali. Così diventano modesti e poco appetibili tutta una serie di mestieri che però oggi improvvisamente vengono definiti indispensabili. Negli ultimi vent’anni alle professioni come cassiera/e, operaia/o, fruttivendola/o, solo per citarne alcune, venivano affiancati aggettivi come umile, precario, obsoleto. Oggi le scopriamo più che mai indispensabili. Che bello sarebbe che tra cinquant’anni ad un nipote venga raccontato fieramente che la propria nonna faceva la panettiera durante la pandemia, e quando tutti dicevano da casa loro cose di cui poi si sarebbero dovuti vergognare, lei apriva ogni giorno bottega anche se era pericoloso farlo. Allo stesso nipote magari verrà invece taciuto un avo manager, che in quello stesso periodo invece poco aveva potuto.

Forse si dovrà riconsiderare il significato di smart, che in italiano si può tradurre con intelligente ma anche furbo; termini molto distanti tra loro. Prima il lavoro-smart era un rimedio all’inquinamento, rimedio ritenuto non abbastanza intelligente però da essere utilizzato con dovizia. Oggi, quando è rischioso uscire, diventa invece (furbo?) più utile lavorare da casa per dire ad altri di recarsi al lavoro (in modo non-smart). Dopo tornerà probabilmente ancora una volta solo smart, ancora una volta aperto ad ogni interpretazione.

Ci sarà un nuovo tempo. Quello che abbiamo adesso non andrà più bene. Non ci potremmo più permettere di credere che il tempo sia un oggetto che si possa misurare, fermare, o addirittura ridurre grazie ad un abbonamento prime premium. Il tempo del dopo sarà (nuovamente) un’autorità da rispettare, temere, riempire, perdere, raccontare, condividere. Da attendere.

Infine dovremmo forse lasciare di qua, e dimenticarci di alcune espressioni quali ad esempio: c’è sempre una soluzione. Non perché dovremmo tutti diventare pessimisti cosmici, lettori di Leopardi sorseggiando bicchieri mezzi-vuoti. Ma perché saremmo cresciuti, maturati, insieme ad una situazione problematica nella quale non era allegata la soluzione. Rimarrà nel prima la certezza che alla fine del libro di matematica ci sono le soluzioni. Sarà del passato la sicurezza che il nostro compagno di banco conosce tutte le risposte del compito in classe. E questo forse ci farà bene, perché non potremmo più fare la settimana enigmistica con la leggerezza d’animo di chi sa che tra sette giorni ne uscirà una nuova edizione con le soluzioni. Forse ci porteremo di là una nuova idea di impegno, per la quale tutte le soluzioni non sono altro che tentativi tra mille altri sudati tentativi, con un lieto fine.

Oppure potrebbe succedere, come è capitato molte altre volte, che i primi ad arrivare, rimetteranno le cose a posto, o meglio, rimetteranno loro stessi ancora una volta al primo posto e tutto tornerà più o meno lentamente come prima. Dimenticandosi e facendo dimenticare il più in fretta possibile tutto quello che si poteva imparare, migliorare o semplicemente scoprire. Ma chissà, adoro pensare che forse in questo epilogo potrebbe esserci uno strappo alla regola.

 

Roberto Sironi

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