Saltimbanchi e Trapezisti

Continua la nostra analisi come Redazione della più strana crisi di governo verificatasi nel nostro paese

Se si volesse cercare un’immagine iconica per descrivere questa crisi di governo agostana credo che la scelta non potrebbe che ricadere sull’espressione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella quando ieri sera si è presentato di fronte alla stampa riunita nella Loggia d’Onore del Quirinale a ribadire che dopo il primo giro di consultazioni e quindici giorni di crisi tutte le opzioni erano ancora sul tavolo. La rabbia e la delusione sul volto dell’inquilino del Quirinale hanno confermato una volta di più (come se fosse ancora necessario) che se c’è un filo rosso che collega gli ultimi avvenimenti in seno al parlamento italiano è l’attitudine quasi “circense” nella gestione della crisi.

Ma andiamo con calma e ricapitoliamo gli ultimi tre giorni.

ATTO IV

Il 20 agosto a Palazzo Madama il senato si riunisce per le comunicazioni da parte del Presidente del Consiglio e Conte, da novello Pinocchio, si trasforma in un premier vero snocciolando nei suoi cinquanta minuti di discorso tutte le mancanze, gli errori e le scorrettezze di cui il Ministro Salvini si è reso colpevole negli ultimi quattordici mesi. E’ un fiume in piena, Conte, e attacca l’ormai ex collega su tutti i fronti.

“Irresponsabile, istituzionalmente ignorante, scorretto, arrivista, assetato di potere, traditore”; così viene descritto Salvini di fronte ad un’Aula per metà incredula e per metà euforica. Arrivano anche le parole pesanti sul caso dei finanziamenti Russi, la critica all’uso violento della fede in campagna elettorale. Insomma, non viene risparmiato niente. Interessante come le uniche parole che il Presidente abbia da spendere sul Partito Democratico siano di ringraziamento per quella che viene descritta come una “opposizione leale”.

Conte finisce, si siede dopo aver incassato gli applausi dei Cinque Stelle (e anche del PD in alcuni passaggi del suo discorso) e aspetta la replica di Salvini, che non si lascia attendere.

E la risposta del leader leghista è un manifesto di inadeguatezza. Dopo aver passato cinquanta minuti a fare facce stupite, arrabbiate o ironiche di fronte alle parole di Conte, inizia quello che a malapena può essere considerato un discorso da campagna elettorale. Già farne un resoconto significherebbe dargli una dignità che non merita, perché a parte ripetere i soliti due o tre temi leghisti e le sue solite frasi a effetto c’è poco altro nelle sue parole. Unica cosa degna di nota: confermando la natura circense di questa crisi lascia aperta la porta ai grillini per continuare l’esperienza di governo, evidentemente spaventato di perdere il posto e la possibilità di far pagare ai contribuenti la sua propaganda.

Gli altri interventi sono solo un insieme di “alla buon ora” rivolti al Presidente Conte, che nel tardo pomeriggio chiude la giornata con la replica finale, in cui annuncia la fine dell’esperienza del governo giallo-verde e la sua intenzione di andare al Colle a rassegnare le dimissioni.

ATTO V

21 e 22 agosto, giorni di consultazioni e maratone di Mentana.

Come da prassi vengono ascoltate prima le cariche istituzionali, Fico e Casellati in quanto presidenti di Camera e Senato (intorno al primo girano anche voci di possibili coinvolgimenti all’interno di un esecutivo PD+M5S). C’è la telefonata al presidente emerito Napolitano, arrivata in ritardo rispetto all’ordinaria tabella di marcia.

Sul 21 agosto c’è in realtà poco altro da dire; vengono sentiti Autonomie, gruppo misto e Liberi e Uguali; e tutti danno la propria disponibilità a contribuire ad una maggioranza alternativa per continuare questa legislatura e scongiurare un voto a ridosso di scadenze importanti come quella della legge di bilancio. Da sottolineare l’apprezzamento delle Autonomie per la figura di Conte e di un eventuale “Conte-Bis”.

Nel frattempo si rincorrono le voci sulle trattative tra cinque stelle e democratici, ma nessuno si sbilancia prima di aver parlato con il Capo dello Stato.

Il giorno successivo è quello dei big.

Si parte con Fratelli d’Italia, che attraverso le parole della Meloni ribadisce la richiesta comune a tutto il centrodestra: elezioni subito.

Alle 11:00 arriva la delegazione del Partito Democratico guidata da Nicola Zingaretti, investito dalla Direzione Nazionale di un mandato unanime per trattare con i Cinque Stelle sulla base di cinque punti (a dire il vero abbastanza vaghi): Appartenenza all’UE, centralità del Parlamento, sostenibilità ambientale, svolta nella gestione dei flussi migratori e impegno forte sul sociale.

Dopo il colloquio questa posizione viene ribadita: il Partito Democratico c’è.

A seguire Forza Italia che, come FdI si limita a chiedere il voto anticipato.

Intanto nel caldo d’agosto continuano a seguirsi le indiscrezioni sull’andamento delle trattative. Pare che lo scoglio sia il taglio dei parlamentari, cui i democratici hanno votato contro in tutte e tre le letture. I cinque stelle non sembrano disposti a trattare mentre il PD vorrebbe inserirlo in una riorganizzazione istituzionale più ampia. In tutto questo la richiesta di Zingaretti di cancellare i due decreti sicurezza non aiuta il dialogo, mentre si fanno insistenti le voci di una trattativa parallela per resuscitare il governo gialloverde.

La delegazione leghista passa quaranta minuti a colloquio con Mattarella, molti si chiedono il perché considerando che la posizione della Lega era ufficialmente il voto; evidentemente i contatti fra gli ex partner di governo stanno andando avanti in sordina. Alla stampa Salvini ribadisce la volontà di andare a votare, sempre lasciando una porta aperta a Di Maio per ricominciare il dialogo.

Arriva infine il momento tanto atteso, la delegazione del Movimento Cinque Stelle guidata dal ministro del lavoro. E qui c’è il giallo: Di Maio parla degli sforzi volti a creare una “maggioranza” solida, elenca dieci punti cruciali su cui dovrà vertere l’azione di governo (il primo è proprio il taglio ai parlamentari) ma in tutto questo non cita neanche una volta il Partito Democratico.

Poco dopo il portavoce della Presidenza della Repubblica, Giovanni Grasso, annuncia ai giornalisti che il Presidente si sarebbe preso del tempo per pensare, l’appuntamento per il suo intervento è spostato alle 20:00, sono le 18:00.

In quelle due ore succede di tutto, smentite e controsmentite, c’è chi dice che i contatti con la Lega siano tutt’altro che conclusi, chi dice che il voto sia sempre più vicino. Ripeto: il circo.

Ed infine arrivano le parole di un Capo dello Stato visibilmente adirato. Sono evidenti la frustrazione e la delusione di fronte ad una crisi che auspicava conclusa in tempi brevi (e invece è tutto rimandato al secondo giro di consultazioni, martedì prossimo).  Conferma le trattative in corso tra PD e 5Stelle, mentre altre forze politiche hanno chiesto tempo per verificare la situazione (leggasi: la Lega non ha chiesto solo il voto, ma anche del tempo per vedere se la strategia dei due forni è ancora o meno); ed infine da il 27 come ultimo giorno utile per trovare una quadra, dopodiché sarà il voto.

Ora, si potrebbero spendere fiumi di inchiostro di fronte all’umiliante spettacolo che la nostra democrazia ha inscenato nelle ultime due settimane, ma ogni parola in più sarebbe davvero superflua. In un paese che si riconferma in piena crisi istituzionale e in costante declino anche la sanità mentale dei protagonisti di questo dramma tragicomico non è da dare per scontata, in una situazione in cui anche gli anatemi peggiori scagliati contro l’avversario di turno si possono rivelare dopo solo pochi minuti come simpatiche burle lanciate a favor di camera. Staremo a vedere come si concluderà questo improbabile teatrino di saltimbanchi e trapezisti, mentre là fuori il mondo brucia.

Riccardo Martino

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