UNIVERSALITÀ DEL LINGUAGGIO MUSICALE

 

Immaginate di trovarvi in mezzo alle campagne scozzesi, gli occhi chiusi, il vento caldo d’estate che soffia e avvolge il vostro corpo mentre vi lasciate trasportare da quel momento di pura tranquillità, il sole caldo che bacia la vostra pelle. Ad un certo punto sentite una voce cantare, leggera e quasi magica, trasportata dal vento. Incuriositi cominciate a cercare la fonte di questo suono e la vedete: una ragazza intenta nella mietitura immersa nel grano, solo lei e la sua voce. Voi rimanete fermi, lì ad osservarla e ad osservare la natura che la circonda. Non capite cosa sta dicendo perché sta cantando in una lingua a voi sconosciuta, eppure dal tono che usa la ragazza è possibile capire che stia cantando di dolori passati o recenti, legato forse ad un amore non corrisposto o impossibile, o problemi familiari o addirittura la morte di una persona cara. Continuate ad ascoltare quella triste ballata incantati dalla voce e dal sentimento che traspare, poi arrivate a casa ma anche lì non fate altro che pensare alla canzone, alla voce, alle parole sconosciute e al sentimento.

Questa scena descritta la possiamo trovare nella ballata lirica “The solitary reaper” di William Wordsworth del 1807. La poesia è basata sull’esperienza di Thomas Wilkinson descritta nel “Tours to the British Mountains”, dove egli racconta le sue esperienze in seguito ad un tour della Scozia. Immaginate cosa sarebbe successo se il poeta si fosse avvicinato alla ragazza in quel campo, immaginate cosa avrebbe potuto chiederle: si sarebbero capiti? Il poeta sarebbe stato in grado di chiedere e farsi capire dalla ragazza sul significato della canzone? Dall’altro canto la piccola contadina stava cantando nel suo dialetto, il Gaelico, e possiamo pensare a come, molto probabilmente, lei conoscesse solo quella lingua, il ché può rappresentare un barriera se il poeta si fosse

veramente avvicinato a lei. Ma quel che è trasparito da questo “incontro” è proprio il sentimento provato dal poeta ascoltando la ragazza cantare, sentimento che traspare nella poesia. Conoscere la lingua parlata può anche venire a meno quando altre e varie forme di linguaggio esistono: il linguaggio del corpo, il linguaggio dei suoni o delle parole, o anche il linguaggio della pittura e della fotografia, della musica.

Ma cos’è il linguaggio? Il linguaggio è un sistema di segni finalizzati alla rappresentazione: tutto ciò di cui è composto il linguaggio assume un significato che poi viene trasmesso. Nel caso del linguaggio musicale, sin da piccoli siamo sempre stati circondati da suoni, rumori, dalle canzoni per bambini cantate all’asilo, ai rumori che un giocattolo faceva e che divertiva, o anche alla voce dei genitori o dei parenti. Il linguaggio musicale è universale ed essa è in grado di influire sulle emozioni e stati d’animo di tutti noi.

Che relazione c’è tra linguaggio e musica? Nell’ “Origine dell’uomo” di C. Darwin del 1871, fu proprio il ricercatore a ipotizzare una possibile relazione tra linguaggio e musica: di fatto, Darwin sosteneva che linguaggio e musica costituissero l’evoluzione del “protolinguaggio musicale”, utilizzato dai nostri antenati per difendere il loro territorio o in fase di corteggiamento. La musica non deriva dal linguaggio, ma entrambi hanno una origine comune e cioè quello del “protolinguaggio” che ha favorito la possibilità di esprimere e provare emozioni, e di conseguenza di relazioni e atteggiamenti che sono parte fondamentale della nostra società.

Ma come mai quando ascoltiamo una determinata canzone riesce a suscitare in noi forti emozioni? La musica, a seconda dalla melodia, può rievocare un evento o ricordo del passato, un’emozione o una immagine. La psicologa e musicologa Kate Heiner dimostrò nel 1936 che vi sono due elementi essenziali che il nostro cervello utilizza per elaborare una risposta emotiva indotte dalla musica:

  1. Modo: ovvero la tonalità esecutiva che può essere maggiore o minore 2. Tempo: ovvero la velocità di esecuzione che può essere veloce o lenta

Secondo questi fattori, appunto, il nostro cervello reagisce in modo diverso a seconda del brano, dal tono usato e dal tempo. Se ascoltiamo una canzone “lenta”, quel che proviamo è una sensazione di tranquillità soprattutto se il tono usato dalla voce è costante, nel caso delle ballad. Se invece ascoltiamo una canzone “veloce”, quel che viene messo in evidenza è il ritmo della canzone e il nostro corpo viene preso da un momento di esaltazione, nel caso ad esempio del rock.

La combinazione fra il modo e il tempo crea nell’uomo delle emozioni che possiamo definire universali. Un altro studio della studiosa Isabella Peretz, dall’università di Montreal, registrò le modificazioni indotte dalla musica su vari parametri fisiologici come: la pressione del sangue, la frequenza cardiaca, la conduzione elettrica della pelle, chiamato anche reazione elettro termica. L’esperimento venne fatto su un gruppo di persone alla quale venne fatto ascoltare musica di vario genere. Il risultato dimostrò

scientificamente che ogni ascoltatore, ascoltando le stesse musiche, aveva lo stesso effetto, indipendentemente dal giudizio soggettivo. Ad esempio: con l’ascolto di un brano “pauroso” questo può suscitare un aumento della sudorazione e una reazione cutanea. Queste reazioni “fisiologiche” sono totalmente indipendenti dal giudizio personale, ciò dimostra che l’ascoltatore non è consciamente consapevole dell’effetto che la musica può esercitare sulla mente. Una musica può veicolare le nostre emozioni, comportamenti e perfino educare il nostro carattere.

La musica è un linguaggio non meno importante di altri tipi di linguaggio: è in grado di esprimere idee e sentimenti propri di ogni individuo. Secondo Darwin, è una parte fondamentale della nostra società. Il protolinguaggio ha contributo a dare all’essere umano atteggiamenti ed emozioni che sono parte fondamentale della nostra società. Una musica può unire una comunità: l’esaltazione attraverso canzoni, come può essere l’inno nazionale, permette il soggetto singolo di proiettarsi e identificarsi nel gruppo o nella comunità e provare un grande senso d’appartenenza. Il valore che ha la musica è importante perché caratterizza una società, un paese. In passato si usava tramandare una melodia o una poesia via voce, adesso abbiamo strumenti in grado di portare avanti le origini di un paese. Attraverso la musica si può capire molto di una comunità e ne si può apprezzare la bellezza. La musica è universale ed è parte delle nostre vite, del nostro passato e del nostro futuro.

Nathalie Manalaysay

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *