Il numero della crisi: tutto ciò che dovete sapere sullo spread

 

Nell’autunno del 2011, il clima politico in Italia fu dominato da un oscuro indice, fino a quel momento relegato nell’ambito finanziario: lo spread.

E’ incredibile quanto questo semplice numero abbia influenzato la vita di ogni italiano: tanto da causare la caduta dell’ultimo governo Berlusconi, l’ascesa di Mario Monti al suo posto, nonché molte delle più recenti polemiche.

Considerato questo, è chiaramente fondamentale capire esattamente cosa sia questo spettro che infesta il cuore dei nostri politici, nonché la spiegazione dei suoi mutamenti e le ricadute sul paese.

Necessaria premessa

Il governo svolge molte funzioni fondamentali nella nostra società e molte di queste richiedono denaro. Per ovviare a questo problema il governo utilizza il sistema fiscale per finanziare la sua spesa,ma è possibile che le imposte raccolte non siano sufficienti a coprire tutti i costi,o ( più raramente) che le entrate siano maggiori delle uscite. Quando il governo non ha abbastanza denaro, può richiedere un prestito alla società.

E’ importante ricordare che il debito italiano è rappresentato da titoli di stato, che sono essenzialmente promesse di restituzione del capitale prestato allo Stato, in aggiunta agli interessi, secondo modalità ben definite  che variano in base al tipo di titoli emessi. Possedere uno di questi titoli è quindi equivalente ad essere creditori verso lo Stato italiano.

Sono emessi dallo Stato e sono negoziati prima tra lo Stato medesimo ed un ristretto grupo di investitori istituzionali (leggasi: grosse banche) e successivamente nei mercati finanziari (tra privati), e, il tasso d’interesse pagato dallo Stato (e quindi, in ultima istanza, da tutti noi)  è dato dalla richiesta di fondi da parte dello Stato stesso e dalla disponibilità degli investitori ad acquistare una parte del debito pubblico.

Ogni anno lo Stato deve rifinanziare una certa parte del suo debito pubblico, perché alcuni titoli sono giunti a scadenza ed altri devono essere emessi (anche per colmare eventuali nuovi disavanzi)

Esempio:

-Se il governo emette Titoli di Stato per 100 milioni di euro con scadenza  ad un anno, dovrà quindi ripagarli dopo dodici mesi. A meno che non sia in grado di colmare il debito con un avanzo di bilancio (considerando anche gli interessi sul debito) pari a 100 milioni, dovrà emettere nuovamente dei titoli. Se invece di un avanzo c’è un deficit, sarà allora necessario emettere più di 100 milioni in titoli, per rifinanziare il debito e finanziare l’ulteriore ammanco.

Una misura del rischio

Lo spread è definito come la differenza tra il tasso d’interesse pagato dallo Stato italiano sui suoi titoli di stato a medio termine (10 anni) ed il tasso sugli equivalenti tedeschi, con il risultato convertito in punti base, dove ogni punto base è uguale allo 0,01% (uno spread pari a 100 equivale ad una differenza di un punto percentuale).

I titoli tedeschi sono presi come riferimento perché la Germania è un paese molto virtuoso in termini di bilanci pubblici (è molto improbabile che non sia in grado di ripagare i propri debiti), e di conseguenza il tasso d’interesse pagato dal paese è quasi privo di rischio. Evidenziare la  differenza tra i tassi d’interesse permette di capire quanto il governo italiano paghi per la maggiore rischiosità del suo debito pubblico.

Mettiamo che i Titoli di Stato italiani abbiano un rendimento 4%, superiore al 2% dei titoli tedeschi: in questo caso lo spread sarebbe uguale a 200 punti base.

Lo spread dipende quindi dal rischio d’insolvenza dello stato italiano, e ovviamente tanto più è alto il suddetto rischio, tanto più alti saranno gli interessi.

Di conseguenza lo spread può innalzarsi perché un governo ha lasciato intendere che il debito potrebbe non essere ripagato, o che potrebbe non essere ripagato con gli stessi criteri con cui il titolo era stato emesso (sarebbe così nel caso in cui i pagamenti fossero posticipati, o il debito ripagato con una moneta diversa da quella pattuita).  Un’affermazione di tale tipo da parte di un esponente del governo farebbe rapidamente schizzare lo spread vero l’alto.

Ovviamente lo spread può innalzarsi anche solo perché si ritiene che gli scenari sopra citati siano diventati leggermente  più probabili, a causa di un’azione dello stato (anche non estrema come quella descritta sopra), o per via di nuove circostanze. Ciò spiega perché l’ultima finanziaria abbia generato un significativo incremento dello spread, nonostante il deficit non fosse più alto di quello di alcuni anni prima: questa mossa segnalava un’inversione di tendenza nella gestione dei disavanzi pubblici.

 

Le ripercussioni sui cittadini

Viene ora da chiedersi perché una persona dovrebbe interessarsi all’andamento dello spread.

Da quanto detto dovrebbe essere evidente che la maggiore spesa per gli interessi grava su tutti i cittadini, che devono ripagare i Titoli di Stato con il proprio lavoro o con una diminuzione dei servizi offerti dalla pubblica amministrazione. Di conseguenza uno spread maggiore comporta pesanti costi per la collettività.

Inoltre bisogna considerare gli effetti sul sistema bancario e più in generale sui risparmi. I Titoli di Stato sono infatti molto popolari come investimento da parte delle banche e, in misura minore, di tutti i risparmiatori. Immediatamente potrebbe non essere evidente, ma un aumento dello spread comporta una perdita significativa per i detentori di titoli statali: il valore dei Titoli di Stato è infatti inversamente proporzionale al tasso d’interesse sui suddetti titoli.

Esempio:

Mettiamo che lo spread aumenti. A questo punto lo stato dovrà pagare un tasso d’interesse più alto sui titoli che emetterà in futuro, NON su quelli già emessi. Ma i vecchi titoli di stato (emessi prima dell’aumento dello spread) sono comunque soggetti ad un più elevato rischio d’insolvenza, e di conseguenza il loro valore sul mercato secondario si ridurrà. E il risparmiatore vedrà diminuire il valore del proprio investimento.

 

La dittatura dello spread

In conclusione, mi sembra giusto affrontare alcune delle polemiche che circondano questo argomento. Molte persone ritengono esagerata l’importanza attribuita allo spread nella gestione delle finanze pubbliche, e che l’Italia non dovrebbe sottostare ai mercati nel decidere le politiche migliori per i suoi cittadini. Perché i mercati finanziari dovrebbero avere voce in capitolo su quando una persona può andare in pensione? Lo spread dovrebbe dettare la spesa per la Sanità?

Bisogna però ricordare che nulla obbliga lo Stato a finanziarsi sui mercati chiedendo soldi agli investitori. Le imposte sono sempre un’opzione per finanziare la spesa pubblica, e difatti la primaria fonte di finanze per il governo sono i contribuenti.

Alcune persone potrebbero obiettare che le imposte sono già fin troppo alte e che la “vera” soluzione al problema del finanziamento pubblico sia la tanto agognata sovranità monetaria( ossia l’idea che lo Stato debba potersi finanziare tramite l’emissione di moneta), in grado di liberarci dalle catene dello spread e risolvere ogni problema dell’economia italiana.

Su questo punto ritengo importante chiarire che in Economia non esistono pasti gratis. Se  lo Stato aumenta la spesa, qualcuno deve aver pagato, anche se in modi che potrebbero non essere così evidenti come un aumento delle imposte. Le politiche monetarie e fiscali espansive sono efficaci solo se sono presenti precise circostanze, non devono essere trattate come formule magiche.

Lo spread rappresenta un sintomo di uno dei tanti problemi dell’Economia italiana: la tendenza a scaricare i problemi sul futuro. Sarebbe anche il caso di abbandonare questa brutta abitudine.

 

Massimiliano Montorsi

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